A Lodi l’arte è rigenerativa

“Coraggio, uomo! Sappi apprezzare questa villeggiatura, questo mutare una volta tanto, come l’aria, il punto di vista…ti aiuta a deporre la spoglia, per qualche istante a fingerti Dio”. Queste le parole di Paul Klee riguardo all’arte, un mezzo espressivo che possiede enormi potenzialità di rigenerazione, in territori dove “..l’anima va a ristorarsi”.
Lungi dall’essere appannaggio di pochi eletti, tali opportunità creative sono esplorate ed esercitate quotidianamente alla Scuola d’Arte Bergognone di Lodi, una realtà educativa gestita in forma di cooperativa, aperta ogni giorno come centro sociale e d’accoglienza per tutti, in particolar modo per soggetti affetti da disabilità psicofisiche, operante anche come supporto per gli operatori psico-sociali del territorio lodigiano. Ne abbiamo parlato con Angelo Frosio, artista poliedrico attivo non solo in Italia ma anche in Germania e nei Paesi dell’Est, fondatore e direttore della Scuola.

Professor Frosio, com’è nata l’idea di aprire una scuola del genere?
Ti prego di non chiamarmi professore: per tutti io sono Angelo.
Sollecitato da persone interessate all’arte, verso la metà degli anni ’70 organizzai corsi di pittura nella cantina di casa mia. Erano frequentati prevalentemente da ragazzi del liceo e da appassionati in genere. Un giorno un amico mi chiese di aiutare sua moglie, che soffriva di depressione. In seguito si rivolse a me un ragazzo reduce da un brutto esaurimento nervoso. I benefici furono quasi immediati. Dipingere aiuta, sia a livello operativo perché stimola le abilità espressive e manuali, sia a livello emotivo, perché offre una via di sfogo agli stati d’animo. Inoltre, lavorare insieme consente un buon grado di comunicazione.
In quel periodo venne da me una psicologa: voleva capire con quali metodi lavoravo. Capii allora l’importanza di ciò che stava succedendo e nel settembre del 1975 fondai la Scuola d’arte Bergognone, che ha per motto “l’arte è amare”. Volevo dare la possibilità a chi lo desiderasse di esprimersi attraverso l’arte.

Chi furono i primi utenti?
Era un nucleo eterogeneo di persone differenti per età, estrazione sociale e formazione culturale. Alcuni avevano problemi psicologici o vivevano situazioni esistenziali difficili. Successivamente, all’inizio degli anni ’80, si occuparono di noi alcune strutture istituzionali. I centri psichiatrici iniziarono a portare alcuni pazienti alla scuola, mentre psicologi e psichiatri frequentavano il mio corso serale di pittura. Insieme capimmo che l’arte ha delle grandi potenzialità in termini di benessere e di guarigione, poteva diventare uno strumento alternativo alle terapie tradizionali.

Come si articolavano i corsi?
Già nell’82 iniziarono i corsi diurni per operatori culturali e un corso sperimentale di arte e gioco per i bambini, mentre proseguivano i corsi per dilettanti. Nell’84 la Provincia di Milano patrocinò un corso di espressione artistica per portatori di handicap psicofisici. Inoltre, sotto la guida mia e di operatori della scuola, fu avviato un rapporto di collaborazione con i centri psicosociali di Lodi, Casalpusterlengo e S.Angelo Lodigiano. Attualmente è attivo un corso per disabili riconosciuto dal Fondo Sociale Europeo.

Quali criteri seguite per avvicinare all’arte i portatori di handicap?
La parola ‘handicappati’ mi dà fastidio. Diciamo ‘disabili’, ma anche questo termine non funziona. Sono disabili per qualche aspetto ma sono molto abili in altro. In ogni modo non seguo un manuale, si agisce in funzione del divenire degli eventi. Gli operatori della Bergognone non sono ‘terapisti’ ma operatori artistici. Ogni giorno ci riuniamo, talvolta alla presenza di specialisti in campo medico e cerchiamo di affrontare tutte le problematiche in modo competente, approfondito e professionale. Ma quello che più importa è osservare le persone e affrontare di volta in volta i problemi, offrire gli strumenti appropriati, creare l’atmosfera giusta, avvincente e libera, serena e poco convenzionale. Questi ragazzi qui devono sentirsi in paradiso.

Qualche esempio pratico…
Tempo fa fu accompagnata da noi una ragazza spastica: era in carrozzella, gambe e braccia legate. Ma le piaceva l’arte, voleva dipingere. Adattammo per lei un caschetto, con un pennello fissato sulla fronte. Ora questa ragazza dipinge con la testa e ne trae enormi benefici per la fiducia e la stima in se stessa. Noi sperimentiamo le tecniche e i mezzi cammin facendo. I risultati sono lì da vedere. L’arte non è solo uno strumento ‘riabilitativo’, è anche il fine di chi vi si dedica. Il quadro può essere una tradizionale opera figurativa oppure un assemblaggio di pezzi di legno. Noi aiutiamo gli autori a montarli e a presentarli in modo adeguato. A volte invece tutti concorrono alla realizzazione di una stessa opera, diciamo ‘corale’ – fatto importantissimo a livello di socializzazione.
Ognuno ha il suo stile. Se questi ‘disabili’ si esprimono in modo primitivo, hanno una forza superiore agli Espressionisti tedeschi. Se si esprimono in modo impressionista, sono più dolci degli Impressionisti stessi. Perché sono autentici, genuini, non si atteggiano. L’arte non è un atteggiamento. I nostri allievi espongono le loro opere all’interno di mostre e vendono pure. Abbiamo esposto anche al Parlamento Europeo, in Germania, Austria, Francia, Svizzera, Lituania.

Ricorda qualche esperienza espositiva in particolare?
Nell’85 partecipammo a “Follia e arte”, una mostra nazionale sulla follia nelle sue manifestazioni espressive, presso il Museo Civico di Lodi. Nel ’91 ideammo la rassegna “Coloriamo muri, vicoli e palazzi”, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Lodi e con il Centro Formazione Giovani. Nel ’96 fu la volta de “La creatività ritrovata”, nella chiesa dell’Angelo a Lodi, mostra promossa dalla Regione Lombardia, dalla Provincia e dal Comune di Lodi, documentata da un catalogo.

Vedo che alla scuola vi sono giovani impegnati per l’intera giornata..
Qui ci sono sempre ragazzi. Questa è una comunità aperta, una Cooperativa Sociale Onlus. Per ogni ragazzo disabile che lavora c’è un progetto: alcuni seguono corsi speciali del Fondo Sociale Europeo per l’avviamento al lavoro, come quello di restauro.

Il clima è sempre così festoso?
Questo è un luogo ‘speciale’, non perché legato al disagio, anzi, proprio perché è sano, fantasioso, variopinto. Non dimenticherò mai la frase che disse tempo fa un ragazzo: “A dipingere mi tolgo il lucchetto che ho in testa”. Non c’è da aggiungere altro.

A cura di Silvia Merico

Humanitas Salute e l’Arte
Salute e creazione artistica: Benessere e Arte
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