Silvio Garattini, una vita per la ricerca

Non ha davvero bisogno di presentazioni. Nel suo ufficio un continuo via vai di giovani ricercatori, e pareti costellate di diplomi e riconoscimenti internazionali e delle più alte cariche dello Stato. Stiamo parlando di Silvio Garattini, fondatore (nel 1963) e direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”. Autore di molte centinaia di lavori pubblicati su riviste scientifiche e di numerosi volumi nel campo della farmacologia.

Professore, quanto conta la comunicazione per l’Istituto Mario Negri?
“Molto. Crediamo in quello che facciamo e nell’importanza di tenerne il pubblico informato. Abbiamo un sito Internet, una rivista, ‘Ricerca e pratica’, per i medici di base, un centro di informazione per i farmaci e le malattie rare, un ufficio stampa”.

Il pubblico è sempre più esigente in fatto di informazione sulla salute. Su stampa e TV si parla sempre più spesso di questi temi. Che cosa ne pensa?
“In effetti negli ultimi anni è cambiato l’approccio del pubblico alla salute. La gente è critica, vuole sapere e avere a disposizione il meglio che può offrire la medicina.
Meglio oggi rispetto al passato, quando i pazienti erano in un certo senso ‘succubi’ del medico, vi si affidavano senza riserve. Per questo l’aumento di comunicazione e interesse da parte dei media e del pubblico nei confronti della salute è positivo. Il lato negativo è che non sempre la comunicazione è chiara e comprensibile. A maggior ragione quando si tratta di ricerca. Perciò si rischia di creare confusione e di dare per acquisiti dati che non lo sono. Accade ad esempio con i nuovi farmaci: a volte per eccesso di ottimismo o per gli interessi economici che stanno dietro si enfatizzano eccessivamente i nuovi prodotti. E questa mentalità farmaco-centrica può andare a discapito delle persone malate”.

A proposito di ricerca, stiamo assistendo ad un vero boom di comunicazione legata alla raccolta fondi, a favore di importanti enti e associazioni…
“E’ inevitabile, poiché lo Stato è avaro di finanziamenti. Quindi si raccolgono di volta in volta fondi da distribuire a seconda delle necessità.
La ricerca è indispensabile, ed è giusto tenere il pubblico informato sulle novità. Quando, però, queste sono davvero reali e concrete. In questo campo ci vuole molta cautela, bisogna evitare i trionfalismi per non creare false speranze, soprattutto legate alle patologie più gravi”.

Qual è il segreto per comunicare bene in tema di ricerca?
“Innanzitutto saper distinguere i risultati della conoscenza che evolve da quelli che hanno effettivamente un risvolto pratico. Non è onesto mescolare le cose, soprattutto se non si conoscono i tempi in cui si riusciranno ad applicare alla pratica clinica quotidiana i risultati degli studi. Altrimenti si rischia di creare false speranze nelle persone ammalate”.

Perché i giovani sono sempre poco interessati alla ricerca?
“La ricerca in Italia ha poche porte aperte, quindi offre poco lavoro. Naturale che i giovani guardino anche ad altri valori, primi fra tutti quelli economici. In effetti sono sempre meno gli studenti che si iscrivono alle facoltà scientifiche. Nel nostro Paese, oggi, ci sono 2,7, ricercatori ogni 1.000 persone, contro una media di 5,1 in Europa e di 10 negli USA. Davvero troppo pochi”.

Come giudica la comunicazione su Internet?
“Internet è uno strumento prezioso, ma va usato con estrema attenzione. Ha infatti la doppia valenza di essere utile ma anche una straordinaria fonte di imbroglio. Non bisogna credere ciecamente a tutto quello che si legge, è importante cercare siti certificati, che diano informazioni attendibili, che facciano riferimento a grandi istituzioni”.

Ci sono temi in cui la comunicazione può essere uno strumento vincente?
“Sì. Penso ad esempio al fumo: la nuova legge, e soprattutto quanto su di essa è stato scritto, ha aiutato molto a ridurre il consumo di sigarette.
Più in generale, la comunicazione può essere estremamente utile per sensibilizzare il pubblico sui temi della prevenzione e sull’utilizzo corretto dei farmaci”.

Di Walter Bruno

Redazione Humanitas Salute: