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Renzi: la salute, il nostro pane quotidiano…

11/12/2001

Cosa significa occuparsi di divulgazione nel campo della salute e della sanità? Con quali responsabilità? Quali le richieste di informazione da parte del pubblico? E gli strumenti di comunicazione più appropriati? Che ruolo può avere Internet nella divulgazione di argomenti scientifici? Sono solo alcune delle domande che abbiamo rivolto a Riccardo Renzi, direttore del “Corriere Salute”, uno degli inserti di medicina più autorevoli e più letti in Italia.

Direttore, quanto è difficile oggi scrivere di salute?
“La materia che affrontiamo ogni settimana all’interno di Corriere Salute è complessa e richiede un grande impegno e senso di responsabilità: per questo mi avvalgo di una redazione di esperti di medicina. Siamo coscienti che il giornale può avere un forte impatto sulle abitudini delle persone, ma con i limiti propri della carta stampata. Non credo, infatti, che tutto ciò che decidiamo di pubblicare incida in modo così determinante. Cerchiamo sempre – e lo ribadiamo spesso ai nostri lettori – di rispettare un principio basilare: il giornale fa comunicazione e divulgazione, ma è – e rimane – sempre il medico il primo interlocutore del paziente. Nel campo della prevenzione ad esempio, il giornale può ricoprire una funzione importante ed incidere sui comportamenti alleandosi con i medici e le istituzioni”.

Quali sono oggi le esigenze di informazione del pubblico?
“Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad un ‘boom’ della divulgazione scientifica a mezzo stampa. Merito di un cambiamento dello stile di vita delle persone che è stato definito la ‘quotidianizzazione della salute’. In sostanza, ci si occupa del proprio stato di salute non solo quando qualcosa non va, ma sempre. Da qui la maggiore attenzione all’ambiente, allo sport, al cibo. Altri cambiamenti importanti? Si preferisce parlare di prevenzione piuttosto che di riparazione, l’atteggiamento passivo del paziente nei confronti del medico ha mutato decisamente tendenza, la medicina naturale non è più demonizzata ma considerata complementare”.

Internet: crede che possa influenzare anche la stampa?
“Internet viene ormai utilizzato dai giornalisti come ulteriore fonte professionale, anche se con qualche difficoltà, perché talvolta i motori di ricerca si rivelano poco efficienti. Personalmente, visito spesso i siti di medicina considerati più autorevoli, soprattutto quelli dei grandi centri medici americani. Con alcuni vantaggi pratici come la possibilità di ricevere newsletter e segnalazioni o di accedere on-line a riviste mediche importanti. Anche in Italia ci sono esperienze di rilievo come il sito del Ministero della Salute che con questo strumento ha cambiato il modo di interagire con il mondo dei media. È difficile in questo momento valutare l’influenza di Internet sulla stampa visto che la Rete una ‘crisi di crescita’ dopo l’impennata di attenzione suscitata qualche anno fa. Internet rappresenta comunque uno straordinario strumento di informazione ed il futuro credo sia rappresentato dall’integrazione fra Internet e tv”.

Oltre agli addetti ai lavori, ci sono ormai moltissime persone che utilizzano Internet per ricercare informazioni mediche. Cosa ne pensa?
“Credo sia molto difficile distinguere, soprattutto nella Rete, tra il sacro e il profano, tra informazioni di qualità ed informazioni manipolate o non corrette. Per questo motivo è importante che nascano motori di ricerca e siti specializzati che funzionino da filtro in ogni ambito di interesse. È che ci si indirizzi sulla via di una maggiore certificazione dell’informazione”.

Come giudica siano trattati i temi della salute dalla stampa e dalla televisione?
“Ogni media ha i limiti legati alle caratteristiche del mezzo di comunicazione. Il punto debole della tv, giunta con estremo ritardo nel campo della salute, è rappresentato dai tempi: troppo stretti per trattare il tema della medicina che di per sé richiede un’elaborazione più dettagliata e riflessiva. E poi ci sono le difficoltà nel conciliare il linguaggio televisivo con quello divulgativo-scientifico. Anche il quotidiano ha problemi di tempistica, così rapida da non consentire a volte una verifica precisa della notizia. Considerata comunque il crescente interesse e la trasversalità del tema salute, la scelta del Corriere, e in un secondo momento anche di Repubblica, di creare un inserto settimanale dedicato alla salute si è evoluta a tal punto da dotare le redazioni di giornalisti sempre più esperti. Sono comunque convinto che per trattare di salute non basti solo sapere di medicina, ma bisogna anche saper fare il mestiere di giornalista, essere quindi un vero esperto di divulgazione”.

Di Bella, Lipobay, clonazione: la cronaca sempre più spesso si occupa di salute…
“Purtroppo molto spesso si discute in termini politici di temi strettamente medici, come è successo per il caso Di Bella, un esempio decisamente negativo per il dibattito che ha suscitato, fortemente influenzato dall’emotività. Il caso Lipobay, invece, eccessivamente gonfiato al di là della reale portata, ha messo in luce la mancanza in Italia di un’adeguata vigilanza farmacologica.
Sulla clonazione umana è difficile esprimersi. Se si può fare, allora di sicuro di farà: i risultati raggiunti in questi ultimi tempi dimostrano che non ci si fermerà soltanto all’utilizzo delle cellule staminali, quindi ad una clonazione con scopo terapeutico. Sul piano etico, si tratta di valutare l’utilità o meno del proibizionismo. Tra i molto problemi etici posti dalla clonazione mi ha colpito una notizia che arriva dagli Stati Uniti, dove la Corte Suprema americana si è opposta alla clonazione umana esprimendo un parere quanto meno originale. Clonare da ‘padre’ a ‘figlio’ è sbagliato secondo la Corte per un semplice motivo: non preserva la libertà del figlio, che, essendo totalmente uguale al padre, si ritrova ad avere un modello cui rapportarsi troppo forte e assolutamente condizionante. In questo caso la condanna del processo di clonazione trova la sua motivazione nel non rispetto della libertà individuale del clone e non del clonato”.

A cura di Walter Bruno

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