Maremoto, dopo l’emergenza

E’ tornato dall’Indonesia Mirco Neri, infermiere del Blocco Operatorio di Humanitas, partito i primi giorni dell’anno insieme a Medici Senza Frontiere per prestare aiuto alle popolazioni devastate dal maremoto asiatico.
Dopo un mese di duro lavoro tra case e scuole distrutte, villaggi fantasma ed ospedali da campo, ci racconta qual è ora la situazione.
“Solo in Indonesia – spiega – i bilanci ufficiali parlano di 160.000 morti e 240.000 dispersi. In tutto 400.000 persone che non torneranno più. E’ un bilancio spaventoso. I profughi sono pochi, la maggior parte ospiti a casa di amici o parenti, perché la maggior parte di chi ha perso la casa ha perso anche la vita. In giro si vedono pochissimi bambini. La maggior parte di quelli più piccoli, che giocavano sulla spiaggia, è stata travolta dalle onde senza poter resistere alla loro forza”.

Supporto psicologico e aiuti per la ricostruzione
Paradossalmente ora la situazione sembra aver raggiunto la normalità. Dopo la morte e la devastazione che ha spazzato via non solo case ed alberghi, ma ha letteralmente ingoiato chilometri di spiaggia, il caos dei primi giorni sembra essersi stabilizzato. “Purtroppo l’80% delle persone colpite dal maremoto non ha avuto scampo – continua Mirco -. Anche per questo non ci sono state epidemie, e il lavoro dei medici è ormai inferiore alle aspettative. Dal punto di vista sanitario il più è stato fatto. Nella zona di Banda Aceh, dove stazionavo con il mio gruppo, c’è ora una squadra di specialisti francesi che ha un compito di sorveglianza epidemiologica.
I veri problemi ora, superato anche il pericolo della scarsità di acqua e viveri grazie agli aiuti internazionali, sono di due tipi. Innanzitutto psicologico: il trauma che un evento di tale portata ha causato, in bambini ed adulti, si è sommato a quello delle violenze delle guerre che negli ultimi anni hanno reso questa zona asiatica sempre più tesa ed insicura. Per questo medici e infermieri stanno lasciando il posto ad équipe di psicologi, che affianchino chi ha perso la casa e la famiglia, chi è stato travolto dalle onde del mare impazzito.
Il secondo enorme problema riguarda la ricostruzione. Sta lentamente partendo l’opera di risanamento delle zone distrutte: dalla potabilizzazione dell’acqua al ripristino delle strade interrotte, alla ricostruzione di case ed alberghi e di tutto ciò che può aiutare a tornare ad una situazione di normalità. Il problema però è riuscire a formare squadre di logisti e di staff locale, che guidino queste operazioni. La popolazione è stata decimata, e chi è sopravvissuto ha ancora negli occhi le onde del mare, la distruzione e poi il nulla”.

Un’esperienza unica
E a Mirco invece che cosa resta di questo mese trascorso in Asia? “E’ stata un’esperienza che mi ha profondamente colpito, umanamente e professionalmente – dice -. Ricordo ancora la devastazione che ho trovato e la disperazione di chi ha perso tutto. Ma ricordo anche la gioia che ho provato nell’aiutare queste popolazioni. Desidero ringraziare la Direzione Sanitaria di Humanitas, i Servizi Infermieristici e la Direzione del Personale, per la grande opportunità che mi hanno dato di partire anche con così poco preavviso”.
Grazie a te Mirco, per questo bell’esempio di solidarietà.

Di Laura Capardoni

Redazione Humanitas Salute: