Maremoto, una testimonianza da Banda Aceh

Un mese dopo il devastante tsunami che ha colpito il sud dell’Asia, continua il lavoro delle missioni umanitarie che si sono recate sul luogo. Mirco Neri, infermiere del Blocco Operatorio di Humanitas in Indonesia con Medici Senza Frontiere, ci racconta la sua missione a Banda Aceh.
“Siamo in circa 50, per lo più europei, ma anche americani, indonesiani, australiani, giapponesi. Noi italiani siamo 8. C’è un caldo afoso, circa 30 gradi con un’umidità altissima. Non essendo abituati a questo clima facciamo molta fatica, soprattutto durante il giorno, anche perché si dorme poco”.

Che situazione avete trovato al vostro arrivo?
“Ci sono poche parole per descrivere la situazione. Banda Aceh vista dall’alto è impressionante. Dal mare a circa un km all’interno tutto è stato completamente spazzato via. Case, moschee, ospedali, scuole: non rimane niente. Poi iniziano ad esserci case mezze distrutte e, dopo altri 1.000 metri circa… tutto intatto, come se non fosse successo nulla. Davvero impressionante”.

Su che cosa si concentra al momento la vostra attività?
“All’inizio abbiamo svolto più che altro attività di supporto agli ospedali locali. Poi, dopo l’arrivo di molte altre organizzazioni umanitarie, fra cui eserciti stranieri che hanno messo in piedi un nuovo ospedale, noi di Medici Senza Frontiere ci si siamo concentrati sulla salute primaria e sulla prevenzione delle malattie tramite vaccinazioni.
Andiamo nei vari villaggi quasi sempre via elicottero, o via terra nella zona di Banda Aceh. L’altro ieri mattina sono partito con una dottoressa indonesiana per una clinica mobile. Ci siamo imbarcati all’aeroporto internazionale e con un elicottero ci siamo diretti verso un’isola antistante Banda Aceh, colpita duramente dallo tsunami. Siamo atterrati e, con mezzi locali, ci siamo diretti all’interno. In un villaggio abbiamo allestito un centro visite dove, a poco a poco, le persone che necessitavano di cure mediche, avvisate della nostra presenza dall’alto parlante della moschea, ci hanno raggiunto. Abbiamo visto casi di malaria, bronchiti, infezioni intestinali; abbiamo dato punti di sutura. Finite le visite, abbiamo fatto un ‘assestment’ del villaggio, ossia abbiamo controllato l’approvvigionamento di acqua e cibo: entrambi erano sufficienti, il che significa non dovrebbero verificarsi epidemie. Abbiamo allestito il nostro campo, o meglio le nostre tende, e abbiamo pernottato lì. Il mattino seguente ci siamo diretti verso altri due villaggi, dove abbiamo effettuato altre visite. Nel pomeriggio siamo tornati alla zona di atterraggio, dove l’elicottero è tornato a prelevarci”.

E ora, cosa farai?
“Rimarrò a Banda Aceh ancora per qualche giorno, per fare una valutazione degli ospedali locali e vedere le varie necessità che non sono state ancora soddisfatte. Poi prenderò la via del ritorno. Sembra incredibile dirlo, ma abbiamo verificato che la situazione medica momentaneamente è sotto controllo. Non ci sono state epidemie, e le associazioni umanitarie presenti sul posto sono davvero molto numerose. Cosi è stato deciso di iniziare a ridurre le squadre.
Il mio ruolo fondamentale era affrontare le emergenze causate appunto da epidemie, colera, malaria, ecc. Fortunatamente, tutto ciò non si è verificato, cosi posso tornare a casa e al lavoro”.

Di Monica Florianello

Redazione Humanitas Salute: