Tumore al seno, un problema diffuso

In tutto il mondo ogni anno si verificano 1 milione di nuovi casi di donne colpite da tumore alla mammella, in Europa se ne verificano 200.000, in Italia circa 32.000. Nonostante i risultati nel campo della ricerca siano molto positivi (delle circa 32 mila donne colpite ogni anno, circa l’80% arriva alla guarigione), nella maggior parte dei casi la diagnosi di tumore al seno comporta reazioni di notevole ansia e paura che sono a volte da attribuire ad una difficoltà di comunicazione del medico nei confronti delle donne.

Un convegno dedicato alle donne
Dall’importanza della prevenzione alla comunicazione con le pazienti, dalle terapie al supporto psicologico. Dalla paura della malattia alla voglia di tornare a vivere. Questi i temi principali che sono stati affrontati durante il convegno di sabato 16 marzo dedicato più alle donne che agli specialisti, organizzato da Humanitas Gavazzeni in collaborazione con la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, dal titolo “Tumore della mammella: informazione e comunicazione”.
L’incontro che si è tenuto a Bergamo ha visto la partecipazione di oltre 200 persone, tra medici, psicologi e soprattutto donne che sono intervenute.
Molti sono stati i temi affrontati durante le tre sessioni. La prima, che è stata introdotta da una lettura magistrale di Maria Antonietta Nosenzo, vicepresidente di Europa Donna, ha visto gli interventi degli specialisti di Humanitas Gavazzeni: il senologo Ivan Del Prato, il chirurgo Roberto Sacco, l’oncologo Piermario Salvini e la psicologa della Lega Tumori Anna Coppo, moderati da Roberto Labianca degli Ospedali Riuniti. La seconda sessione, dedicata alle pazienti, ha raccolto il contributo di due realtà del volontariato (gli Amici di Gabry e il Gruppo Più Donna) e di Laura Austoni, psicologa di Bergamo sul nuovo rapporto con la femminilità. La terza sessione ha ospitato un dibattito tra gli operatori sanitari e il pubblico, moderati da Francesca Manenti, giornalista di Bergamo TV.

Dalla parte del medico: senologo, chirurgo, oncologo
Il senologo ha sottolineato che le speranze e l’ottimismo degli operatori sanitari non vengono oggi condivisi dalle pazienti.Un diverso approccio in campo sanitario tra medico e paziente può essere di estremo aiuto per affrontare la malattia. Al momento della diagnosi, il senologo deve adattarsi alle caratteristiche dell’interlocutore (età, cultura), deve utilizzare una terminologia semplice e comprensibile e deve assicurare un aiuto professionale, fornendo informazioni utili, non ostacolando la discussione, incoraggiando la donna a reagire. In seguito, deve offrire una continuità di dialogo anche al termine delle terapie e delle cure e garantire la propria disponibilità per ogni dubbio. Grazie al dialogo, ad un rapporto basato sulla fiducia e sulla condivisione di paure e di successi, è possibile favorire nella donna una reazione diversa, più tranquilla e serena nei confronti della malattia.
Il chirurgo ha ricordato che la responsabilità del professionista sanitario, in ogni suo intervento, passa attraverso parole come rigore, etica, rispetto, uguaglianza. In particolare, il rigore dell’attenzione, dell’ascolto libero da pregiudizi, il rispetto dei tempi del malato, delle sue difficoltà, delle sue scelte; l’uguaglianza di trattamento, ma anche di tempo dedicato. È necessario cominciare dal valore del colloquio tra paziente e medico, bisogna disporsi all’ascolto, al rispetto dei silenzi. Il recupero del paziente è qualcosa di fondamentale, significa non occuparsi solo della malattia, ma dare spazio al malato. Quindi non solo anamnesi, ma conoscenza della persona: vissuto, aspettative, miti, credenze che condizionano la sofferenza e che quindi motivano un intervento piuttosto che un altro. La parola informa e allo stesso tempo dà forma alla relazione; è quindi uno strumento per raggiungere obiettivi condivisi nel progetto di cura.
Un momento particolarmente delicato, per la donna, è quello delle cosiddette terapie adiuvanti o complementari alla chirurgia, che vengono stabilite dall’oncologo tenendo conto di più aspetti: le caratteristiche prognostiche della malattia operata (che si deducono dalle dimensioni del nodulo asportato, dalla presenza/assenza di coinvolgimento linfonodale, dallo stato recettoriale e da altri indici di aggressività biologica), l’età e le eventuali comorbilità della paziente e, soprattutto, le sue aspettative e scelte in merito alla malattia. Le donne che arrivano dall’oncologo hanno paura della perdita dei capelli, della tossicità delle cure, del dolore. Compito del medico è spiegare che il termine chemioterapia non è più sinonimo di sofferenza: la minor tossicità delle cure sempre più personalizzate, l’informazione adeguata sulla possibilità di gestire efficacemente gli effetti collaterali delle terapie grazie ad antidoti che un tempo non erano disponibili, oltre alla disponibilità di un servizio di psicoterapia, rendono più tollerabili tali trattamenti e la consapevolezza, ora molto più che in passato, che l’obiettivo sia la guarigione definitiva gioca un ruolo fondamentale nell’accettazione degli stessi.

Dalla parte delle pazienti: le testimonianze dirette
Il momento più coinvolgente del convegno di sabato è stato quello delle testimonianze portate da due donne operate al seno e da un uomo che ha condiviso l’esperienza della moglie; il pubblico ha ascoltato le loro parole con un silenzio commovente e ha applaudito con affetto e calore alla fine di ogni intervento. “Non bastano le cure mediche”, fondamentali sono la chiarezza dell’informazione nei confronti delle donne e l’aiuto e la comprensione dei medici, dei familiari e degli amici. Questo è stato il messaggio fondamentale che è emerso dalle tre storie; in particolare Maria Luisa, malata da quattordici anni, ha raccontato il percorso difficile che vive da molto tempo, fatto di esami, interventi chirurgici, controlli, e scandito da emozioni diverse: il dolore fisico e quello psicologico, l’abbrutimento fisico, la voglia di combattere per sé e per i propri cari, le ricadute e le nuove speranze. “Ma le esigenze più dure danno la vera forza – ha detto Maria Luisa, citando anche S. Agostino “La vita c’è data per crescere e la felicità sta nel continuare a desiderare ciò che si possiede”.

A cura di Francesca Di Fronzo

Redazione Humanitas Salute: