Giancarlo Fontana: 118, una rete per il cuore

La rete degli interventi di emergenza, che fa capo al 118, ha un ruolo fondamentale per il trattamento dei pazienti colpiti da infarto. Per questa patologia, infatti, la rapidità e l’organizzazione dei soccorsi fanno davvero la differenza. Ma come è organizzata la rete del 118 sul territorio milanese per gestire le emergenze cardiologiche? Quali sono i problemi aperti e le prospettive di sviluppo futuro? Ne parliamo con il responsabile del 118 della Città di Milano, il dott. Giancarlo Fontana.
Fontana, 48 anni, fa parte del 118 da 4 anni e dirige la struttura dopo 15 anni di attività come Anestesista Rianimatore e come responsabile didattico del 118 Monza.

Come è organizzata la rete del 118 sul territorio milanese per gestire le emergenze cardiologiche?
“La rete è costituita dalla Centrale Operativa, completamente informatizzata, che riceve tutte le chiamate fatte al 118, circa 1.700 al giorno. In Centrale lavorano operatori, infermieri e medici che raccolgono le informazioni ed inviano il mezzo di soccorso più idoneo per il paziente. I mezzi che la Centrale può utilizzare sono le ambulanze, con personale soccorritore a bordo, le auto mediche (5 in Milano e 3 in provincia) e, in casi particolari, l’elicottero. Le auto mediche e l’elicottero hanno un infermiere e un medico a bordo ed una attrezzatura simile a quella di una rianimazione”.

Quanto è importante l’informazione sul territorio?
“Ha un ruolo fondamentale. Il pronto riconoscimento dei sintomi dell’infarto è uno dei punti fondamentali sui quali ci battiamo da sempre. Qualche anno fa era stata fatta una campagna di comunicazione piuttosto ampia a livello regionale, con il patrocinio dell’Assessorato alla Sanità lombardo. I risultati erano stati positivi: nei mesi immediatamente successivi la nostra centrale operativa ha registrato un incremento delle richieste di intervento per problemi cardiaci.
Non è un caso che chi ha più conoscenze in merito a questo tipo di problemi, quando si trova in situazioni di emergenza cardiologica chiama quasi immediatamente il 118: sempre entro un’ora dall’insorgenza dei primi sintomi, molti addirittura entro i primi 10 minuti. Chi, invece, ha meno informazioni, è più incline a perdere tempo prezioso. E quando decide di rivolgersi ad un ospedale comunque non chiama il 118”.

E come raggiunge l’ospedale?
“A volte si fa accompagnare da un parente o un amico, ma troppo spesso decide di recarsi al Pronto Soccorso solo. Magari mettendosi al volante dell’auto. Creando così situazioni pericolose per sé e per gli altri. L’infarto è una malattia acuta, con complicanze immediate non trascurabili che possono arrivare fino all’arresto cardiaco. Immaginiamoci cosa significa essere al volante di un’auto in queste condizioni. Meglio essere assistiti da personale sanitario in grado di prestare i primi soccorsi nel modo più adeguato. Anche perché, in questi casi, ogni minuto guadagnato è sinonimo di tessuto miocardico risparmiato”.

I mezzi del 118 sono dotati di strumentazioni particolari?
“Per migliorare l’efficienza dei soccorsi tutte le nostre auto mediche, che hanno a bordo sempre un medico e un infermiere, sono dotate di un elettrocardiografo. Si tratta di un apparecchio in grado di effettuare l’elettrocardiogramma direttamente al domicilio del paziente e di trasmetterlo in tempo reale, via cellulare, alla centrale operativa, che ne valuta i dati, individua in base a questi il centro ospedaliero più idoneo, lo allerta e vi indirizza il paziente. Nel frattempo, trasmette a sua volta l’elettrocardiogramma e tutti i dati che riguardano il paziente al centro in questione: in questo modo il cardiologo capisce immediatamente se c’è necessità di un’angioplastica e, in caso sia così, evita il passaggio dal Pronto Soccorso e fa trasportare subito il malato in Sala Emodinamica.
Le ambulanze invece, che non hanno personale medico e infermieristico a bordo, sono per lo più dotate di defibrillatori, strumenti idonei al trattamento delle più gravi complicanze dell’infarto”.

Che tipo di collaborazione vi lega all’Istituto Clinico Humanitas?
Proficua e puntuale. Ancora prima dell’apertura del Pronto Soccorso di Humanitas abbiamo effettuato con il Direttore Generale, il Direttore Sanitario dell’Istituto ed il responsabile del Pronto Soccorso, una serie di incontri e una seria analisi delle emergenze sul territorio, mirati a prevedere le risorse più adeguate per gestire le urgenze, non solo cardiologiche. E’ stato un caso unico sul territorio.
L’apertura del Pronto Soccorso di Humanitas per noi ha significato avere più risorse a disposizione in un’area critica, quella a sud di Milano, densamente popolata e sempre sommersa di richieste. La nostra centrale operativa è collegata ad Humanitas con un sistema che permette all’ospedale di ricevere via telefono, su un monitor dedicato, l’elettrocardiogramma del paziente che gli operatori dell’ambulanza registrano e trasmettono tramite cellulare. In questo modo i tempi di intervento vengono ridotti al minimo: possiamo verificare in tempo reale la disponibilità del posto letto e, se necessario, portare il paziente direttamente in Emodinamica senza passare dal Triage del Pronto Soccorso”.

Per il futuro quali sono gli obiettivi del 118?
“Sul fronte cardiologico sicuramente lo sviluppo futuro dell’emergenza territoriale è rappresentato dall’utilizzo dell’ecocardiografia. Un’ecografia cardiaca, come dice il nome stesso, ovviamente semplificata rispetto a quella che viene effettuata nelle strutture ospedaliere. La letteratura scientifica dice che, se effettuata rapidamente, l’ecocardiografia può dare informazioni molto preziose. E più informazioni si hanno, meglio si riesce ad indirizzare il paziente nel centro più adatto alle sue esigenze. Inizieremo la sperimentazione quest’anno, su due delle nostre auto mediche. Su questo argomento abbiamo organizzato un convegno mondiale che si terrà in giugno nel Centro Congressi della Fiera Milano.
Un altro importante obiettivo che ci siamo posti è creare sul territorio una rete simile a quella attiva per l’infarto anche per l’ictus ischemico. Il che significa innanzitutto informazione, perché Il paziente deve essere in grado di riconoscere i sintomi, in modo da chiamare al più presto un’ambulanza. E questa deve a sua volta essere in grado di valutare in quale struttura trasportare il paziente, individuando un centro in grado di effettuare TAC ed eventualmente trombolisi per liberare l’arteria cerebrale occlusa”.

Di Monica Florianello

Redazione Humanitas Salute: