Scompenso cardiaco: i pace-maker riducono la mortalità del 20%

Il pace-maker biventricolare impiantato su pazienti scompensati riduce la mortalità del 20%. Lo afferma un importante studio americano che ha coinvolto oltre 1600 pazienti affetti da scompenso cardiaco i cui primi risultati sono stati comunicati questa notte negli Stati Uniti. L’annuncio in Italia di una notizia scientifica destinata a cambiare la vita di milioni di pazienti affetti da patologie cardiovascolari nel mondo, è stato fatto dal cardiologo di Humanitas Maurizio Gasparini nell’ambito del congresso internazionale di cardiologia dal titolo “Current issues in heart failure managment” promosso dal Dipartimento cardiologico dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

E’ da qualche giorno ufficiale la notizia dell’interruzione dello studio multicentrico “COMPANION” della Guidant che ha coinvolto 1600 pazienti e 130 ospedali negli Stati Uniti con l’obiettivo di mettere a confronto tre terapie non chirurgiche in pazienti affetti da scompenso cardiaco: la terapia farmacologica ottimale, la terapia farmacologica più l’impianto di pace-maker biventricolare (in grado di stimolare contemporaneamente le due camere ventricolari) e la terapia farmacologica più l’impianto di pace-maker biventricolare con funzione di defribrillatore cardiaco. Il comitato etico indipendente dello studio “ COMPANION ” promosso da Guidant ha deciso di interrompere lo studio poiché era già stato raggiunto l’obiettivo principale: dimostrare la riduzione di mortalità e ospedalizzazione nei pazienti in cui era stato impiantato il pace-maker o il defibrillatore biventricolare.

“Numerosi studi clinici avevano già dimostrato che la risincronizzazione cardiaca nei pazienti affetti da scompenso cardiaco refrattario (che non risponde ai farmaci tradizionali) era in grado di determinare un miglioramento sensibile della qualità di vita, della capacità di esercizio fisico e una riduzione del volume cardiaco – ha commentato il dott. Maurizio Gasparini che ha maturato in Humanitas la maggiore casistica italiana nell’impianto di pace-maker biventricolari cardiaci -. Non era invece ancora chiaro se questa terapia fosse in grado di prolungare la via di questi pazienti. La notizia di questa notte dimostra inequivocabilmente una riduzione significativa (20% circa) della mortalità ed ospedalizzazione. Potrebbe ora diventare la prima scelta per la cura del 15/20 % dei soggetti scompensati che non rispondono alla terapia farmacologica tradizionale. Una grande opportunità per i 20 milioni pazienti con scompenso cardiaco in tutto il mondo”.

Lo scompenso cardiaco, una patologia in forte crescita destinata a diventare nel prossimo decennio – secondo le stime dell’Health Care Finincing Administration americano (HCFA) – una delle malattie più diffuse nei Paesi avanzati.
Ecco alcuni dati: 20 milioni di pazienti negli Stati Uniti ed Europa, circa 2 milioni solo in Italia, 1.000.000 di nuovi casi diagnosticati ogni anno nel mondo.
L’insufficienza cardiaca è una sindrome che riduce progressivamente la capacità del cuore di pompare il sangue (che trasporta i nutrienti e l’ossigeno necessario ad utilizzarli) in rapporto alle esigenze dell’organismo. Questa incapacità inizialmente si manifesta sotto sforzo con sintomi quali l’affaticamento e la mancanza di fiato, con l’aggravamento compare per sforzi sempre più piccoli, sino a manifestarsi anche a riposo.

A cura di Walter Bruno

Redazione Humanitas Salute: