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La chirurgia intrarenale per i calcoli

06/02/2007

Il trattamento della calcolosi renale di piccole dimensioni ha subito una continua evoluzione negli ultimi anni. I miglioramenti nella medicina e l’avvento di strumenti chirurgici sempre più miniaturizzati e perfezionati hanno in questo campo mandato in pensione la chirurgia a cielo aperto, sviluppando tutta una serie di procedure “endourologiche” dalla ridotta invasività. La più recente delle quali, denominata chirurgia retrograda intrarenale (RIRS degli Autori anglosassoni), si appresta a modificare radicalmente il moderno approccio alla calcolosi renale di medie dimensioni. In Humanitas è attiva in uno “stone center” che dispone di tutte le metodiche disponibili per il moderno trattamento della calcolosi renale. Ne parliamo con il prof. Pierpaolo Graziotti, responsabile dell’Unità Operativa di Urologia e con il dott. Guido Giusti.

Venticinque anni di continua evoluzione
Il trattamento dei calcoli renali – spiegano i due specialisti – ha subito negli ultimi 25 anni un’evoluzione che ha introdotto in questo campo interventi sempre meno invasivi. Infatti fino agli anni ’80 il trattamento attivo della calcolosi renale era esclusivamente chirurgico a cielo aperto, attraverso un’incisione sul fianco di circa 10-15 cm con conseguenze facilmente comprensibili per il paziente”.

La litotrissia percutanea
“All’inizio degli anni ’80 è stata messa a punto la litotrissia percutanea, che ha permesso di rimuovere qualsiasi tipo di calcolo non più attraverso un’incisione chirurgica, ma attraverso un accesso percutaneo del diametro di circa 1 cm. Sotto controllo radiologico si accede al rene con uno strumento del diametro di una penna (nefroscopio), attraverso il quale si introducono sonde con cui, mediante l’utilizzo di vari tipi di energia (ultrasuoni, energia balistica, laser a olmio), si frantuma il calcolo in pezzi del diametro di circa 1 cm e se ne asportano i frammenti ottenuti attraverso l’accesso percutaneo. Questa procedura presenta il vantaggio di ottenere una completa bonifica del calcolo in un’alta percentuale di casi, anche per calcoli voluminosi, oltre all’assenza di cicatrici vistose, ma comporta comunque una certa invasività e una percentuale di complicanze, quali sanguinamenti, che si aggira intorno al 10 per cento”.

Litotrissia extracorporea a onde d’urto
“Per evitare complicanze, è stato introdotto il trattamento di litrotissia extracorporea a onde d’urto che, a partire dai primi anni ’90, è diventata la metodica di scelta in oltre l’80% dei casi di calcolosi renale di diametro non superiore ai 2 cm e che richiedono un trattamento attivo. L’emissione di onde d’urto focalizzata sul calcolo è in grado di frantumarlo, così che possa poi essere espulso naturalmente attraverso le vie urinarie. Ovviamente, questa metodica deve essere considerata la prima scelta per calcoli di piccole dimensioni. Per calcoli più grandi la percentuale di successo è inferiore al 50%, anche perché non va dimenticato che il litotritore può rompere il calcolo, ma è il paziente che deve espellere i frammenti ottenuti e quando questi sono numerosi e di grandi dimensioni la cosa è tutt’altro che scontata e semplice. Inoltre in tali casi possono essere necessarie più sedute per frantumare il calcolo. Va sottolineato inoltre come sia ormai assodato che questo trattamento può comportare complicanze a lungo termine (soprattutto ipertensione e diabete) in una percentuale non trascurabile di casi e che queste siano più probabili in quei pazienti nei quali si sia ricorso a trattamenti reiterati”.

La chirurgia intrarenale
“L’ultima frontiera dell’endourologia è la litotrissia retrograda intrarenale, eseguita cioè attraverso le vie naturali senza più bisogno di violare l’addome del paziente. Questo ulteriore passo avanti è stato fatto alla fine degli anni ’90, grazie al forte progresso tecnologico che ha permesso lo sviluppo di strumenti (ureterorenoscopi) sempre più piccoli e flessibili, in grado quindi di raggiungere ognuno dei calici renali in cui possono trovarsi i calcoli da trattare.
Attraverso l’uretra, si raggiunge la vescica dove si individua lo sbocco dell’uretere e attraverso questo si risale fino ad arrivare al rene. Grazie a questi strumenti flessibili di nuova generazione, si esplora tutto il rene fino a individuare il calcolo, che viene frantumato in pezzi molto piccoli con l’utilizzo di un laser a olmio. I calcoli più grandi verranno asportati in blocco, quelli più piccoli saranno espulsi spontaneamente in modo indolore. Le difficoltà connesse alla ridotta visibilità del campo operatorio dovute al diametro estremamente piccolo degli strumenti flessibili e la necessità di frantumare il calcolo in frammenti minuti per essere compatibili con una espulsione spontanea (1-2mm) impongono una rigida restrizione delle indicazioni per questo trattamento a calcoli di dimensioni non superiori ai 2 cm. Questa procedura offre diversi vantaggi: un abbattimento sostanziale delle complicanze emorragiche, l’assenza di cicatrici e di dolore post-operatorio e un notevole contenimento dei tempi di recupero delle normali attività.
La chirurgia intrarenale offre quindi, a patto di rispettare le corrette indicazioni sopra riportate, una valida alternativa, meno invasiva e priva di complicazioni importanti, qualora non si riesca a frantumare il calcolo utilizzando le onde d’urto. Evita cioè sia di ricorrere a numerose sedute, sia di dover intervenire in modo più invasivo con la chirurgia percutanea. È importante che si disponga di uno ‘stone center’, dove siano disponibili tutte le apparecchiature per il moderno trattamento della calcolosi renale, perché solo così si può scegliere l’intervento che più si adatta al paziente e non forzare l’indicazione solo in base alla disponibilità all’una o all’altra metodica”.

A cura di Elena Villa

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