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In Cina torna l’aviaria. La situazione in Italia

01/02/2009

In Oriente si registrano nuovi problemi con questo virus, che torna a fare vittime. Da noi dobbiamo preoccuparci?

A distanza di un anno dall’ultimo caso evidenziato (febbraio 2008), in Cina si ripresenta il virus dell’influenza aviaria, con anche alcune vittime. Come è avvenuto il contagio? Molto probabilmente attraverso il pollame infetto, di cui ha tolto le interiora per cucinarlo e mangiarlo. L’infezione aviaria da virus H5N1 rimane, infatti, una malattia diffusa negli uccelli, ma gli esperti dell’Oms – Organizzazione mondiale della sanità temono che il microrganismo possa mutare e trasmettersi all’uomo con contatti tra persona e persona, facendo scoppiare un’epidemia mondiale capace di uccidere milioni di persone. Per questo motivo il sistema di sorveglianza, secondo l’Oms, deve rimanere attivo soprattutto nei paesi dove circola l’infezione tra gli animali. E in Italia dobbiamo preoccuparci? Lo abbiamo chiesto al dott. Fabrizio Pregliasco, noto virologo del Dipartimento di sanità pubblica, microbiologia e virologia dell’Università degli Studi di Milano.

Dottor Pregliasco, si può parlare di un ritorno dell’aviaria?
“A dire il vero l’influenza aviaria non se ne è mai andata, anzi in paesi come Hong-Kong, sud-est asiatico e Africa, dove si sono manifestati gli ultimi episodi, è diventata endemica, cioè sempre presente tra le specie selvatiche. Dopo il 2006, però, non c’è più stato un numero di casi così evidente, ma sicuramente lo scarso livello di attenzione igienica e veterinaria porta a difficoltà di controllo degli animali malati. Si deve, comunque, stare tranquilli. Non ci sono stati casi di contagio agli esseri umani se non estremamente sporadici e con contatto diretto attraverso le feci degli uccelli”.

In Italia si corrono rischi?
“Direi proprio di no. Ci sono stati casi di uccelli selvatici malati, ma si trattava di episodi isolati e tenuti sotto stretto controllo veterinario e, soprattutto, non sono mai stati contagiati animali domestici. Gli uccelli come i colombi e gli stormi, inoltre, si sono dimostrati poco sensibili al virus. Il virus, insomma, non è mutato in modo tale da poter contagiare anche le specie vicino all’uomo. Al momento, quindi, l’unico veicolo reale di trasmissione del virus sono gli uccelli selvatici (anatre o cigni), ma recentemente in Italia non si sono manifestati casi di infezione”.

Si può continuare a mangiare il pollo?
“Assolutamente sì. Gli allevamenti o i pollami italiani sono sicuri, è improbabile che vengano in contatto con specie infette. Inoltre, ogni caso di morte sospetta o non chiara di un animale di qualsiasi genere viene segnalato al veterinario. Non si deve avere timore neppure dei prodotti importati dall’Oriente dato che la Commissione europea vieta l’importazione di prodotti avicoli da paesi in cui è stata segnalata la malattia. I prodotti che si acquistano al supermercato o in macelleria, quindi, o quelli già cucinati in rosticceria o al ristorante, provengono da allevamenti italiani o europei, come previsto dalla legge, in cui gli animali sono sottoposti a controlli severi e accurati. Lo stesso discorso vale per le uova. Comunque, è bene sottolineare che, anche nella sfortuna in cui si consumasse un pollo malato, la cottura annulla la pericolosità del virus. Solo chi alleva i polli infetti e manipola i loro escrementi corre rischi”.

Come si manifesta l’infezione nell’uomo?
“Si presenta con sintomi simili a quelli di una influenza stagionale con febbre alta, malessere generale e problemi alle vie respiratorie. Se il disturbo non è affrontato in modo corretto con riposo, bevendo molti liquidi e prendendo antipiretici possono verificarsi complicanze a carico dei bronchi e dei polmoni esattamente come avviene nelle normali forme influenzali”.

A cura di Lucrezia Zaccaria

 

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