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Influenza aviaria, l’Europa alza la guardia

09/01/2006

Continuano ad emergere nuovi casi di contagio umano da influenza aviaria: il primo caso di virus trasmesso dagli uccelli agli esseri umani al fuori della Cina e del Sud-Est asiatico si è registrato in Turchia, dove tre ragazzi della stessa famiglia sono morti dopo aver contratto la variante altamente patogena del virus H5N1. Ad oggi in questo Paese sono più di 10 i casi accertati, quasi 50 i ricoveri sospetti di persone che recentemente sono state a stretto contatto con il pollame, e proprio a Istanbul nei giorni scorsi è stato individuato un focolaio di polli infetti.
L’OMS mette in guardia i governi europei dall’imminente avanzata verso ovest del virus H5N1: la conferma della sua presenza anche nella provincia di Ankara desta particolare attenzione tra le istituzioni della sanità pubblica europea. Così l’UE, al cui interno non sono ancora stati riscontrati casi di H5N1, rafforza le misure per contenere la diffusione dell’influenza aviaria: oltre ai test sui volatili (tutti i 25 mila uccelli selvatici controllati nel 2005 sono risultati negativi al virus) e al blocco delle importazioni dai Paesi dove si sono registrati focolai di aviaria, è stato deciso di vietare l’importazione di piume non trattate da Azerbaijan, Armenia, Georgia, Siria, Iran e Iraq vista la prossimità di questi Paesi con la Turchia orientale. Anche il divieto di importazione di uccelli vivi e prodotti del pollo dalla Turchia, adottato all’inizio di ottobre, rimane in vigore.
La preoccupazione comunque resta elevata. Per quanto riguarda in particolare l’Italia, il ministro della salute Francesco Storace ha istituito un’unità di crisi sull’emergenza dell’influenza aviaria. E’ previsto un maggior coordinamento con le Regioni, il monitoraggio sul territorio dei volatili selvatici con relativi test di laboratorio e l’informazione a medici e cittadini. Tra le prime misure del gruppo di lavoro, una campagna informativa diretta ai viaggiatori che si recano in Turchia (circa 1.000 ogni giorno): depliant nei quali vengono indicate le procedure per ridurre al minimo il rischio del contagio, ad esempio evitare i contatti con il pollame e le visite nei mercati, non mangiare carne cruda o poco cotta, lavarsi frequentemente le mani.
L’Italia si sta inoltre preparando alla riunione che si terrà la prossima settimana a Pechino per discutere di finanziamenti per abbassare la circolazione del virus. Solo così infatti, secondo gli esperti, si potrà diminuire il rischio di un salto genetico di specie del virus aviario, che lo renderebbe facilmente diffusibile da uomo a uomo.
“Proprio questo è il vero problema – spiega il professor Alberto Mantovani, immunologo dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Scientifico di Humanitas -: la mutazione di H5N1 in un virus trasmissibile da uomo a uomo, che darebbe il via alla tanto temuta e attesa pandemia. Un precedente preoccupante è costituito da un altro virus aviario, quello dell’epidemia ‘spagnola’ del 1918, che acquisì la capacità di passare da uomo a uomo e causò quasi 50 milioni di morti. Proprio grazie agli studi condotti su di esso, oggi sappiamo che per trasformare H5N1 in un virus ‘umano’ servono almeno 10 mutazioni in un gene del suo patrimonio genetico (polimerasi), una o due a livello dell’emagglutinina, ossia ‘l’ancora’ con cui il virus ‘aggancia’ le cellule dei polmoni, più forse altre mutazioni. Pochi mesi fa erano 7 le mutazioni già riscontrate a livello della polimerasi: questo significa che il virus ha iniziato la sua ‘trasformazione’ per diventare trasmissibile da uomo a uomo”.
Come proteggerci quindi da un possibile contagio? “Ad oggi – conclude il prof. Mantovani – la prevenzione della diffusione della malattia tra i volatili si basa sull’adozione di adeguate misure igienico-sanitarie negli allevamenti, in modo da diminuire la possibilità di contatto degli uccelli da allevamento con quelli selvatici; inoltre sulla sorveglianza negli allevamenti per individuare tempestivamente eventuali casi di malattia, e sull’abbattimento dei volatili presenti negli allevamenti dove si dovesse manifestare la malattia. Nei paesi poveri è necessario incentivare economicamente l’abbattimento dei volatili da parte dei piccoli allevatori.
Per noi ‘comuni cittadini’, invece, valgono alcune precauzioni che possono sembrare banali: ad esempio l’accurata cottura delle carni di pollame (tacchino, pollo, anatra ecc.) e delle uova. Chi si reca nelle aree geografiche colpite, poi, dovrebbe evitare in generale i contatti con animali vivi e con loro carcasse, nonché la frequenza di mercati e fiere dove vi sia esposizione e commercio di animali”.

Di Monica Florianello

Gli articoli già pubblicati nel dossier “Speciale Aviaria”:
Influenza aviaria: allarmismo o pericolo reale?
Virus dei polli, possiamo davvero stare tranquilli?
Influenza dei polli: attenzione ma non allarmismo
Virus dei polli, facciamo un po’ di chiarezza
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