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Gli italiani: distratti sulla prevenzione, ma in buona salute

02/04/2015

Italiani in salute, ma poco attenti alla prevenzione. È quanto emerge dal rapporto 2014 di Osservasalute, l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle regioni Italiane”, un’analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni. Negli ultimi dieci anni, oltre al miglioramento della salute, è aumentata la speranza di vita ed è diminuita la mortalità infantile. La prevenzione, però, resta un terreno sul quale investire per ridurre le probabilità di malattia o di grave invalidità in una popolazione sempre più anziana.

L’aumento dell’aspettativa di vita e la refrattarietà di molti ad adottare stili di vita adeguati avranno inevitabilmente un impatto enorme su un sistema sanitario nazionale che marcia con risorse ridotte, sottolinea il rapporto. La sedentarietà è in aumento in uomini e donne, su 100 persone oggi quasi 40 non fanno alcun tipo di attività fisica (36,2% negli uomini e 45,8% nelle donne). Anche sovrappeso e obesità sono in aumento: quasi un italiano su due dopo i 18 anni è sovrappeso (45,8%).

L’aspettativa di vita è in aumento: dal 2002 al 2012 è passata da 77,2 a 79,6 anni negli uomini, da 83 a 84,4 anni nelle donne. Potrebbe essere un dato positivo, che si associa a una riduzione della mortalità infantile, peraltro diversa fra Nord e Sud. Nel 2011 su mille neonati, 3 sono purtroppo nati senza vita, dato in calo rispetto al 2006 /3,4), con una differenza nella mortalità entro il primo anno a svantaggio del Sud. Sempre il Sud ha un triste primato per i nuovi casi di tumore: tra le donne, dal 2003 al 2013, sono aumentati i tumori del polmone di circa il 17,7% e della mammella del 10,5%- tra gli uomini è aumentata la prevalenza di tumori intestinali del 6,5% sempre a svantaggio del Meridione.

Questi dati evidenziano il bisogno di campagne di sensibilizzazione che portino la popolazione a utilizzare i metodi di prevenzione e diagnosi precoce di questi tumori, campagne che possono dare risultati eccellenti in termini di riduzione come, ad esempio, del tumore della cervice uterina (in calo del 33,3%).

Fra tutte le malattie – spiegano i professionisti di Humanitas, quelle che più prevedibilmente aumenteranno sono le malattie cardio e cerebrovascolari: infarto, ictus cerebrale, malattie da aterosclerosi e trombosi, embolia polmonare sono la prima causa di morte e di grave invalidità nei Paesi cosiddetti industrializzati, e sono destinate a mantenere questo primato anche nei prossimi 50 anni. Abbiamo migliorato le nostre capacità di diagnosi e di cura di queste malattie, grazie alla scienza, alla tecnologia, alla preparazione dei medici. Tuttavia, l’arrivo dei cosiddetti baby boomers all’età di 60 anni, età oltre la quale la probabilità di eventi vascolari aumenta proporzionalmente al passar del tempo, fa sì che sia previsto un incremento progressivo di questi eventi, che nel 2050 raggiungeranno quote insostenibili.

La prevenzione può salvare una persona su tre

Ciò che fa paura per le malattie cardiovascolari è certamente la perdita della vita: ma ancora di più terrorizza l’invalidità che ricade come una mannaia sul singolo, sulla famiglia e sulla società. E, non ultimo, sulle risorse del servizio sanitario nazionale, che non saranno mai sufficienti per assistere tutti coloro che ne avranno bisogno.

Dal punto di vista economico è una situazione insostenibile anche per il Paese: per ogni 10% di aumento dell’incidenza delle malattie cardio e cerebrovascolari, il Paese perderà mezzo punto di PIL, un dato estremamente preoccupante, e uno spreco, perché la prevenzione delle malattie cardio e cerebrovascolari è possibile, efficace, urgente, poco costosa. Una persona su tre potrebbe non essere colpita se si fermasse seriamente a considerare il proprio rischio personale, legato alla ereditarietà e alle abitudini di vita, e si impegnasse a modificare tempestivamente i fattori di rischio modificabili, quelli appunto legati al modo in cui scegliamo di vivere, dalle abitudini pericolose alla pigrizia, dall’attività fisica alla qualità e quantità di quello che mangiamo. Valutare il proprio rischio e impegnarsi a modificarne gli aspetti più pericolosi costituirebbe un investimento con un ROI (return on investement) molto elevato per tutti: per il singolo, per la famiglia, per la società. Un peccato trascurare un’opportunità così importante, un errore delegare solo al destino o al medico la responsabilità del proprio futuro, di salute o di invalidità, senza impegnarsi in prima persona. Il nostro compito di medici è anche quello di informare, sollecitare, motivare, per fare in modo che nessuno un giorno ossa dire “io non lo sapevo”.

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