Diabete, miopia ed età, attenzione alla retina

 

La retinopatia diabetica è la prima causa di cecità tra gli statunitensi in età lavorativa, tra i 21 e i 64 anni, e genera il 14% dei nuovi casi di cecità osservati ogni anno, pari a circa 20.000 nuovi casi ogni anno solo in quel Paese. In età più avanzata invece la principale causa di perdita grave della visione centrale è la degenerazione maculare senile, una malattia legata all’invecchiamento che colpisce la macula, ossia la porzione più centrale della retina. Altra patologia che colpisce più frequentemente la popolazione oltre i 50 anni, è il distacco di retina, che solo in una minima parte di casi è conseguente a traumi violenti, mentre per lo più consegue a patologie degenerative della periferia retinica.

«Per alcune di queste patologie la prevenzione è fondamentale – dice il dottor Mario Romano, che presso Humanitas Centro Oculistico si occupa in particolare delle malattie della retina –. Nel caso del diabete, per esempio, collaboriamo con la Sezione di Diabetologia dell’Istituto Clinico Humanitas, affinché tutti i pazienti cui viene diagnosticata la malattia siano controllati e seguiti da subito a intervalli ben definiti».

Quanto conta la prevenzione

Gestendo appropriatamente la retinopatia diabetica, infatti, il rischio a 5 anni di sviluppare cecità nei pazienti ad alto rischio (quelli in cui la retinopatia è definita proliferante) è ridotto del 90% e il rischio di perdita della funzionalità si riduce del 50%. Purtroppo però i dati dicono che solo alla metà dei pazienti diabetici viene controllato il fondo dell’occhio periodicamente, per cui molti pazienti diventano legalmente ciechi per un’inadeguata assistenza sanitaria. Anche la degenerazione maculare senile è talora riconosciuta tardivamente, quando il danno ormai è irrimediabile. Per prevenirla si può cercare di ridurre i suoi fattori di rischio, ove possibile, controllando l’ipertensione, evitando il fumo e attenendosi a un’alimentazione sana ricca di frutta, verdura e pesce. È utile una visita oculistica dopo i 50 anni e, se indicato dal medico, eseguire periodici test di autovalutazione per identificare tempestivamente eventuali modificazioni funzionali.

Dagli integratori ai farmaci

Nella degenerazione maculare, come in molte patologie correlate all’età, il danno progressivo prodotto dai processi ossidativi a livello cellulare svolge un ruolo chiave nello sviluppo e progressione della patologia. I risultati di studi clinici internazionali suggeriscono che l’integrazione alimentare con antiossidanti quali zinco, vitamina C, vitamina E e betacarotene possa avere un’azione protettiva sulla retina.

«Ai pazienti affetti da degenerazione maculare senile non essudativa o “secca” oggi si prescrivono quindi integratori alimentari per ridurre il rischio che la degenerazione progredisca o si evolva in forma essudativa o “umida” – spiega il dottor Romano –. In caso di degenerazione maculare essudativa, invece, il trattamento più efficace al momento si avvale di farmaci (anti-VEGF) che contrastano lo sviluppo di nuovi vasi coroideali. Tali farmaci sono periodicamente iniettati direttamente nell’occhio con cicli di trattamenti, in media circa 6 iniezioni in un anno».

L’iniezione del farmaco nell’occhio per quanto invasiva è meno dolorosa di una iniezione intramuscolo, si esegue in ambiente sterile e in anestesia topica, con i soli colliri anestetici. Da qualche mese questo trattamento è stato approvato anche per la cura della maculopatia diabetica, per la quale tuttavia restano valide anche altre modalità di trattamento, come la tradizionale fotocoagulazione laser.

Quando occorre il bisturi

In alcuni casi occorre invece ricorrere a veri e propri interventi chirurgici. In Humanitas la chirurgia vitreo retinica è supportata da:

  • sistemi di visione panoramici e sistemi a contatto;
  • vitrectomi di ultima generazione in grado di garantire una chirurgia minivasiva e a un’altissima frequenza di taglio;
  • sistemi integrati tramite trattamenti laser o criotrattamento;
  • sostanze tamponanti a elevata stabilità e biocompatibilità, in grado di minimizzare le reazioni infiammatorie e favorire la chiusura dei fori maculari e delle rotture retiniche.

«Tale supporto tecnologico permette al chirurgo una minore invasività e una maggiore sicurezza nelle procedure chirurgiche – conclude l’oculista di Humanitas –, e al paziente un migliore decorso post-operatorio e un più rapido recupero funzionale».

 

Redazione Humanitas Salute: