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Prevenzione

Star bene nella propria pelle

05/02/2002

“E’ il modo con cui valutiamo il nostro corpo, lo sentiamo, lo percepiamo ‘da dentro’, come ad esempio quando ci sentiamo particolarmente graziosi, o troppo pesanti – spiega la dott.ssa Agnese Rossi, psicologa di Humanitas Gavazzeni. E’ l’insieme delle sensazioni che il nostro corpo ci trasmette, le emozioni che ci comunica, i movimenti che fa. E’ la sintesi delle relazioni e dei gesti con cui esploriamo e conosciamo la realtà e delle esperienze corporee individuali e sociali che facciamo ogni giorno”.

Ci può fare degli esempi?
“L’immagine corporea non è il corpo così come lo vediamo quando ci mettiamo davanti allo specchio, ma come noi lo sentiamo e come esso si modifica anche senza cambiamenti fisici visibili.
Quando ci ‘sentiamo leggeri’ dopo un’attività piacevole, o quando ci ‘sentiamo appesantiti’ da una preoccupazione: il nostro corpo non cambia, ma è diversa l’immagine che abbiamo di esso. La stessa cosa succede quando siamo malati e percepiamo il corpo in modo diverso, a partire dalla parte malata e dolorante; come accade, per esempio, quando abbiamo dolori allo stomaco, che diventa il centro della nostra attenzione”.

I modelli proposti dai mass media possono influenzare il nostro concetto di immagine corporea?
“Influenzano notevolmente il nostro modo di pensare, di agire e di scegliere. Le informazioni che ci trasmettono i mass-media possono modificare il rapporto che ognuno di noi ha con il proprio corpo. Ci propongono modelli di riferimento relativi all’immagine corporea basati su canoni di bellezza e stereotipi estetici che possono ostacolare la costruzione di un rapporto equilibrato ed armonico con il corpo. Ideali di magrezza irraggiungibili, valori fondati sull’esteriorità e sull’apparenza rischiano di essere assorbiti completamente, soprattutto da adolescenti che stanno costruendo la loro identità. Rischiano di diventare gli unici punti di riferimento cui tendere e cercare, in tutti i modi possibili, di avvicinarsi ed omologarsi, per sentirsi accettati ed apprezzati”.

Possono questi messaggi essere ritenuti responsabili di patologie psico-somatiche come l’anoressia e la bulimia?
“Non sono la causa dei disturbi del comportamento alimentare, in quanto queste patologie sono molto complesse e generate da molti fattori che interagiscono, aspetti psicologici, socio-culturali, ambientali, fisiologici. I mezzi di informazione possono però favorire l’interiorizzazione di questi modelli di benessere assoluto sviluppando così un’immagine corporea negativa, cioè un rapporto problematico con il corpo e l’insoddisfazione per l’aspetto fisico, vissuto come causa di disagio e vergogna, al punto da rendere difficoltose le relazioni interpersonali. Talvolta la situazione può seriamente peggiorare e dare origine ad una alimentazione scorretta e disordinata e a pratiche inadeguate per controllare il peso corporeo. Il cibo non è più un piacevole momento di incontro, ma diventa un nemico contro cui lottare ogni giorno, da rifiutare con sforzi sovrumani e regole rigidissime o viene assunto senza alcun controllo né soddisfazione”.

Che percezione ha del proprio corpo una persona anoressica o bulimia?
“In entrambi i casi il corpo è vissuto come ingombrante e angosciante per la paura che ingrassi o si allontani dall’ideale corporeo che si intende raggiungere. Diventa un corpo disprezzato e rifiutato, perché non ‘magro’ come si vorrebbe. La valutazione di sé e l’autostima dipendono allora dalle forme e dalle dimensioni del corpo: ‘mi sento accettata e mi stimo solo se raggiungo un certo peso’.
Nell‘anoressia il corpo è lo strumento per raggiungere la perfezione e la bellezza, esercitando un controllo assoluto sui bisogni fisici che non vengono più ascoltati né soddisfatti e questo dà un senso di onnipotenza. L’immagine corporea che ne deriva, a questo punto, è disturbata: si può sentire grassa anche chi ha raggiunto un peso inferiore ai 40 kg.
Nei casi di bulimia emerge un corpo da maltrattare, da trascurare; un corpo non amato e da punire proprio perché non rientra nei canoni di magrezza ideale.
Per entrambi i disturbi non è più chiaro, a questo punto, il confine tra corpo reale e corpo ideale, e diventa difficile star bene nel proprio corpo. Si diventa spettatori di un corpo che insegue fino all’esasperazione un modello fantastico, artificiale, quasi perfetto, ma inadeguato strumento per mettersi in contatto con sé e con gli altri perché spersonalizzato”.

In che modo si possono prevenire questi rischi?
“Una lettura più critica, obiettiva e consapevole di questi messaggi che provengono con insistenza dai mass-media ed un’educazione attenta a questi fattori possono aiutarci a costruire un’immagine corporea positiva, in modo che ci possiamo appropriare del nostro corpo nella sua totalità, anche se non coincide con modelli di perfezione e di magrezza esaltati dalla nostra società dell’apparenza. Questo ci permette di ‘star bene nella nostra pelle’, come stiamo bene nella nostra casa, che sentiamo appunto nostra perché non regolata da norme stereotipate e imposte dall’esterno”.

A cura di Francesca Di Fronzo

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