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Linus: sono un maratoneta che fa il deejay

07/07/2003

Il fascino della radio continua immutato da decenni, complice anche il senso di mistero che l’avvolge. Insomma, è ancora il magico luogo senza volto e senza tempo. Ma quando si parla di Linus, 45 anni, voce storica (dall’ ’84) e direttore artistico di Radio Deejay, il “divismo” vien fuori spontaneamente, anche se lui fa di tutto per passare inosservato, lontano da riflettori “ingombranti”, ma molto vicino a quelli che sono i veri problemi della gente. Basta ascoltarlo ogni mattina, in “Deejay chiama Italia”, in onda fino alla fine di luglio, dove, insieme a Nicola Savino, in due ore di trasmissione affronta grandi e piccole questioni quotidiane, in modo leggero, come se si incontrassero due vecchi amici, o un paziente col suo medico di fiducia.

Linus, è proprio così?
“Al medico di fiducia non ci avevo mai pensato (dice divertito il conduttore ndr). Magari può nascere un certo feeling con i radioascoltatori, e il conduttore non può che giovarsene. E comunque, anch’io, come tutti, ho il mio medico di fiducia, incontrato per strada…”

In che senso?
“E’ il mio amico Duranti, un medico di Perugia, col quale mi accompagno durante le mie escursioni podistiche. Veramente, quando andiamo a correre siamo in tanti, facciamo gruppo, insomma”.

La voce d’Italia è anche un podista?
“La corsa ormai per me è diventata una valvola di sfogo. Un po’ come ‘fare la radio’, quando ho iniziato, ahimé, vent’anni fa. E dire che ho cominciato a correre perché non potevo fare altri sport, a causa della rottura, tre anni fa, dei legamenti crociati del ginocchio destro, durante una partita di calcio. Poi, pian piano, è sopraggiunta la passione, e da due o tre amici coi quali correre, siamo diventati duecento”.

Ovvero: l’esercito di Radio Deejay all’ultima edizione della maratona di New York?
“Esatto. Lo scorso novembre, assieme a duecento ascoltatori-podisti della radio, mi sono tolto la soddisfazione di arrivare 18millesimo, ma soprattutto ho lasciato alle mie spalle, nelle quattro ore e mezzo impiegate per coprire i 42 chilometri della corsa, altri 15mila partecipanti. Però, posso ancora migliorare”.

Come si prepara una maratona?
“Per quanto riguarda la mia esperienza, si è trattato di aumentare le sedute d’allenamento, gradualmente e senza strafare. Io corro per dieci, quindici chilometri, di solito tre, quattro volte alla settimana, sempre dalle sette alle otto del mattino, d’estate; d’inverno, invece, alla sera, dopo il lavoro. Il resto? Credo siano fondamentali le sedute di streching, prima e dopo la corsa, più qualche ora in piscina. E la palestra, con un ritmo blando, giusto per tonificare i muscoli”.

Nessun sacrifico a tavola?
“Col tempo ho imparato che correre vuol dire darsi una disciplina. Quando faccio qualcosa, lo faccio più consapevolmente di prima. Insomma, conosco gli effetti di alcuni cibi sul mio fisico. I dolci, per i quali sono particolarmente ghiotto, costituiscono l’unica tentazione culinaria alla quale mi è difficilissimo resistere”.

E allora come fa?
“Ho un mio piccolo segreto: la dieta cosiddetta a zona. E’ di origine americana ed è basata sul controllo dell’insulina, oltre a un corretto equilibrio tra carboidrati e proteine. In quest’ultimo periodo, per esempio, ho ridotto il consumo di pasta e pane, a favore delle verdure”.

Un deejay all’insegna del viver sano, quindi.
“Penso proprio di sì. Del resto, la leggenda del deejay che mentre parla alla radio, fuma mille sigarette, beh, credo che sia morta e sepolta da un pezzo. Io poi non ho mai fumato in vita mia…”

Un esempio per i giovani?
“Io, Frangetta, Albertino, tutti i ragazzi che lavorano con me e fanno serate, ci presentiamo in discoteca, bevendo acqua minerale. E’ un messaggio per i giovani? Non credo che i ragazzi vogliano sentirsi dire: fai questo e non quest’altro. Nulla deve essere imposto. E poi non mi vedo nel ruolo del predicatore: è già difficilissimo avere un buon rapporto con se stessi…”

Che rapporto ha con i medicinali?
“Preferisco, finché mi è possibile, evitarli. Ultimamente ho cercato di conoscere meglio gli effetti di alcune combinazioni chimiche. Niente ditrascendentale. Se ho mal di testa, è chiaro che l’aulin me lo fa passare, ma so che è meglio evitarlo. Tutto qui”.

E’ per la medicina omeopatica?
“In questo campo non ho alcuna fissa, né vado pazzo per la medicina alternativa. Mi bastano quattro chiacchiere sull’argomento, fatte ogni tanto con qualche mio amico medico”.

Allora, cosa spaventa Linus?
“Nel mio lavoro, come per tanti altri mestieri, ciò che ti distrugge è lo stress. Che nel nostro caso è alla base del delicato equilibrio tra il piacere agli altri e a se stessi. Sì, il successo è una cosa molto bella, difficile da raggiungere, ma è altrettanto complicatissimo riuscire a mantenerlo. Per fortuna, quando il livello di sopportabilità è molto alto, stacco la spina, indosso tuta, scarpette e vado a correre”.

A cura di Peppe Aquaro

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