Anche i golfisti soffrono

I rischi maggiori per i golfisti sono rappresentati dalle palline vaganti di altri giocatori e dai fulmini. E’ sempre in agguato anche il rischio di prendersi una storta, infatti un giro completo di diciotto buche sono una decina di chilometri e dieci chilometri nascondono molte insidie, specie se bisogna caricarsi sulla spalla una sacca piena di clubs (i bastoni del golf) di legno o acciaio. Ma il movimento da compiere per colpire correttamente la pallina si chiama swing, come un ballo, e come un ballo è complesso: si compone di diverse fasi (back-swing, down-swing, follow-swing) che se compiute nel modo errato possono favorire l’insorgenza di patologie o traumi.
Ne abbiamo parlato con Massimo Tanzi, medico dello sport.

Patologie osteoarticolari e muscolari in agguato
“L’approccio al golf si fonda abitualmente sull’erroneo convincimento che si tratti di uno sport facile e fisicamente poco impegnativo. Tuttavia è bene ricordare ai golfisti, in particolare a quelli non più giovani, di porre grande attenzione al ruolo svolto dalle strutture corporee impegnate nei movimenti tecnici. I giocatori di golf devono infatti imparare a valutare l’entità delle sollecitazioni cui sono sottoposti a livello sia osteoarticolare sia muscolare per prevenire eccessi di impegno ed evitare l’insorgere di traumi specifici.”

Questione d’età?
“Molti neofiti del golf trascurano di considerare che anche la pratica del golf, come di ogni altro sport, va iniziata in età giovanile. Ogni movimento o gesto, semplice o complesso che sia, si basa infatti sulla memorizzazione di uno schema motorio che si compone nel tempo fino a consolidarsi e diventare abituale. Solo a questo punto il movimento viene compiuto in maniera ottimale, vale a dire con il massimo rendimento al minimo sforzo. Così, un movimento complesso quale lo swing non può essere memorizzato istantaneamente da un adulto. Esso coinvolge infatti un numero così elevato di muscoli che lavorano sinergicamente, da dover essere appreso in fasi successive, come scomposto in più gesti (quando il bastone viene messo in movimento e il corpo caricato all’indietro, il back-swing, la discesa del bastone verso la pallina in progressiva accelerazione, il down-swing, e, infine, colpita la palla, la fase di decelerazione in avanti, il follow-swing) da fondere poi in un movimento unico e omogeneo. Inoltre l’avanzare dell’età provoca inevitabilmente la progressiva modificazione di molte caratteristiche strutturali e della consistenza di muscoli, tendini e articolazioni, creando difficoltà sia di apprendimento sia di adattamento funzionale. Il risultato è che l’incidenza delle lesioni aumenta con l’avanzare dell’età ed è pari al 58,3% nei giocatori sino a cinquant’anni e al 64,9% nei giocatori over cinquanta (Metz, 1999).”

E di handicap…
“Il golf è uno sport che richiede una notevole concentrazione e un controllo muscolare millimetrico. I dilettanti sono così più soggetti a infortuni: secondo una casistica recente (Metz, 1999) l’incidenza delle lesioni è del 59% nei giocatori con handicap (il numero di colpi a disposizione dal giocatore, oltre i 72 del campo, per completare il percorso di 18 buche. Il punteggio netto si ottiene sottraendo l’handicap dal totale dei colpi utilizzati) tra zero e nove, mentre è del 67% nei giocatori con handicap maggiori di diciotto, vale a dire tra quelli meno bravi.”

A cura di Marco Renato Menga

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