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Sport di squadra e mal di schiena

16/12/2002

Dribbling funambolici, gioco maschio e contrasti duri, stop di petto e colpi di testa, rimbalzi e torsioni, tiri in sospensione o schiacciate a fil di rete: quando calcio, pallacanestro, pallavolo (gli sport di squadra più gettonati in Italia) possono essere letali per la schiena? La parola al dottor Lorenzo Panella, specialista.

Giocare a calcio, quanto mette a rischio la salute della schiena?
“Il mal di schiena non è segnalato di frequente nel calciatore, i danni prevalenti coinvolgono gli arti inferiori. L’incidenza del danno alla colonna vertebrale, come l’infortunio in genere, aumenta in rapporto all’età del giocatore e all’intensità del gioco. E questa è una considerazione ovvia, ma doverosa, visto che la maggior parte dei pazienti che arrivano da noi sono proprio quelli che hanno giocato la partita “scapoli e ammogliati”. Inoltre ci sono posizioni e frangenti di gioco che mettono più o meno a rischio la colonna vertebrale”.

Quali sono le “azioni” più pericolose?
“Non sembra essere determinante il ruolo o la posizione sul campo, ma il tipo di movimento effettuato. Ed è tirando dalla lunga distanza che si verificano la maggior parte degli infortuni alla schiena, dovuti a un’eccessiva estensione del tronco. Altri danni si possono verificare per la torsione pelvica in qualsiasi fase del gioco, per l’impatto durante l’appoggio del piede e il contatto con la palla, per l’eventuale oscillazione all’indietro con un’eccessiva estensione delle anche in fase di ricevimento palla o per un’oscillazione inefficace durante l’accompagnamento del tiro. I quattro meccanismi dal punto di vista biomeccanico chiamati in causa sono: estensione, flessione, torsione e compressione. E coinvolgono soprattutto il segmento lombare basso, con danni prevalenti alle faccette articolari e ai dischi intervertebrali”.

In pratica, ci sono azioni, e azioni…
• Dribbling: non comporta di regola infortuni al rachide.
• Contrasti: quelli impropri con l’avversario possono recare danno.
• Stop: si rischia di più se si ferma la palla con il petto.
• Colpo di testa: pericoloso, perché, se la muscolatura paravertebrale è poco rappresentata, ci può essere qualche risentimento sulla colonna
• Rimessa laterale: è una delle cause possibili di danno alla colonna perché il braccio di leva aumenta e c’è una spinta aggressiva del tronco, dall’estensione alla flessione. Analogamente a quanto succede nei calci lunghi.

Come si può difendere la schiena del calciatore?
“Innanzitutto è importante poter contare sulla flessibilità del tronco, quindi della muscolatura del rachide, delle cosce, dei paravertebrali e dei rotatori dell’anca. Inoltre, addominali, glutei, pettorali, grande dorsale devono essere forti per stabilizzare il tronco”.

E nella pallacanestro?
“Uno studio americano su giocatori professionisti uomini e donne ha evidenziato un’incidenza di lesioni al tratto lombare compresa tra l’8,2% e il 13%, con incidenza degli infortuni, in maggioranza, sui giocatori centrali”.

Infortuni legati a quali meccanismi?
“Avvitamenti improvvisi del dorso e degli arti; rimbalzi e torsioni continue che impongono tensione sul tratto lombare e che si verificano di solito con accelerazione e decelerazione rapida e veloci cambiamenti di direzione del movimento; carico non uniforme del disco intervertebrale e sovraccarico degli elementi posteriori, per esempio quando, dopo un salto o post contatto, il giocatore tocca il suolo in modo sbilanciato. E, naturalmente: forma fisica scarsa, usura, scarsa esecuzione di stretching prima dell’attività, riabilitazione incompleta dopo un infortunio”.

I giocatori “dilettanti” rischiano meno?
“No. Poiché “non agonista” spesso equivale a “meno preparato””.

Quali lesioni si possono più frequentemente subire?
“Stiramento lombosacrale dei legamenti, stiramento della muscolatura paravertebrale, pelvica o del fianco, lesioni alle articolazioni apofisiarie (per la grande quantità di estensioni ed iperestensioni che la pallacanestro richiede) e ai dischi intervertebrali, soprattutto a carico dell’anello fibroso, con conseguente predisposizione all’ernia”.

Come si può abbassare il rischio e tornare a giocare sicuri dopo un infortunio?
“La miglior cosa da fare è stabilizzare la muscolatura del rachide per proteggere le zone sottostanti e rafforzarla in modo che la schiena sia sufficientemente resistente per opporsi alle forze che gli sono applicate. Bastano traumi sempre minori per dare danni sempre maggiori se la riabilitazione è condotta male o incompleta, con più elevato rischio di arrivare al danno anatomico”.

E nella pallavolo?
“In questo caso sono la rotazione, la flessione, l’iperestensione del rachide che possono generare danno alla colonna. E le azioni più rischiose sono il servizio, specialmente se effettuato dall’alto con salto, perché comporta una torsione completa del tronco, e la schiacciata. Non si verificano mai danni gravi e gli incidenti maggiori sono tre: stiramenti muscolari, stiramenti legamentosi, compressioni delle faccette articolari”.

A cura di Francesca Blasi

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