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Sport

Gli sci che stanno a cuore

02/12/2002

In Italia il più praticato è quello alpino, a cui negli ultimi si è aggiunto lo snowboard, una vera e propria moda. Molto diffuso è anche lo sci di fondo che si pratica in piste apposite e in scenari davvero suggestivi. Ma quali sono i benefici dello sci per l’organismo e soprattutto come si deve comportare chi è poco allenato e chi soffre di cardiopatie? I professionisti di Humanitas, ci spiegano a quale prova sottoponiamo il cuore sulle nevi, quali limiti ci dobbiamo porre a seconda delle nostre condizioni fisiche e con quali vantaggi.

Lo sciatore quale tipo di prestazioni richiede al suo organismo?
E’ bene subito distinguere tra sci da discesa o sci alpino (o snowboard) e sci di fondo. Lo sci da discesa richiede una notevole capacità tecnica e molta destrezza, una certa forza muscolare, ma non necessariamente resistenza. Destrezza in quanto capacità di reagire in tempi brevi, da un punto di vista neuromotorio, per affrontare il percorso con curve, frenate, cambi di pendenza. Il che si traduce nel coinvolgimento di un metabolismo prevalentemente anaerobico lattacido.

Il sistema cardiovascolare quali sforzi deve sopportare?
Deve rispondere a sollecitazioni repentine e abbastanza intense. Questo non è esattamente un tipo di impegno che “allena” l’apparato cardiovascolare.

Quindi può far male?
No. Per chi è in buona salute, lo sci di discesa, oltre a essere uno sport molto piacevole e divertente, non è particolarmente allenante per il cuore, ma nemmeno lo danneggia. Il rischio maggiore è semmai quello delle cadute o scontri fra praticanti, quindi di pertinenza traumatologica.

Qualche avvertenza?
Nessun limite particolare, tranne la capacità tecnica e l’usare sempre la prudenza. E poi: vestirsi in maniera giusta, cioè comoda e adeguata alle temperature, fredde più o meno che siano.

E i cardiopatici?
Anche se non ne traggono vantaggio, non c’è un divieto assoluto. Dovranno, a maggior ragione, evitare di praticarlo in condizioni climatiche troppo fredde e ad altitudini elevate. Il freddo ha un effetto di vasocostrizione sulla circolazione sanguigna; questo meccanismo di difesa che si esplica nell’ambito della termoregolazione corporea e che serve a risparmiare calore, può trasformarsi però in un pericolo per chi ha problemi di circolazione, come il malato coronarico.

Il fattore altitudine in che modo influisce sullo sforzo?

Sopra i 2500 metri la concentrazione di ossigeno nell’aria comincia a diminuire sensibilmente e pertanto si avverte di più la fatica. I cardiopatici, i bronchitici e gli enfisematosi, cioè coloro che soffrono di enfisema polmonare, sono persone che hanno già difficoltà a ossigenare il sangue a livello del mare, perciò devono prendere in considerazione anche questo aspetto in ambiente montano.

Chi è sano, ma accusa in particolar modo disturbi legati all’altitudine (nausea, affaticamento, mancanza di fiato), deve temere per il suo organismo?
No, non corre rischi particolari. Ma non tutti hanno la stessa capacità di adattamento. Per esempio, coloro che hanno la tendenza a essere anemici, avendo meno globuli rossi già in partenza, possono avvertire più facilmente la fatica (i globuli rossi servono a trasportare l’ossigeno attraverso la circolazione corporea in tutto l’organismo e l’ossigeno, come, sappiamo è un elemento fondamentale nei processi di produzione di energia a livello dei muscoli). Gli ipertesi arteriosi devono sapere che, già ad altitudini inferiori come 1300 – 1500 metri, possono avere un rialzo dei valori pressori rispetto al livello del mare. Comunque, chi tra i 2000 e i 3500 metri dovesse sentire particolari sintomi di ansietà, mancanza di respiro, forte debolezza, farebbe bene ad accertare che non ci sia all’origine una causa organica patologica.

In conclusione, quali cautele suggerisce a tutti gli appassionati di sci di discesa?
Sono quattro i consigli da non trascurare mai. Non esporsi ad altitudini eccessive. Non soffrire troppo il freddo. Non andare mai in affaticamento. Non “strafare” sulle capacità tecniche. I cardiopatici ex provetti sciatori, in particolare, dovranno rassegnarsi a “passeggiare” sulle piste, per non andare in affaticamento ed evitare cosÏ il più possibile l’innescarsi di meccanismi metabolici anaerobici.

Passiamo allo sci di fondo: sugli anelli dei fondisti c’è un “effetto training”?
Dipende dall’impegno e dal tipo di percorso. Di regola occorre senz’altro la tecnica, ma conta di più il lavoro muscolare continuo e prolungato, di resistenza, cioè aerobico. Molto allenante per l’apparato cardiovascolare.

Utile al cuore?
Utile per la prevenzione primaria e secondaria. Anche se praticato a livello amatoriale. I cardiopatici, naturalmente, devono praticarlo sotto controllo medico e meglio se utilizzano il cardiofrequenzimetro, in modo da agire entro quei limiti di frequenza cardiaca adatti alla loro problematica. L’obiettivo: poter praticare lo sport in completa sicurezza ottenendone dei benefici.

Quali sono le cautele da osservare sugli anelli del fondo?
Perché lo sforzo resti di tipo allenante occorre scegliere percorsi adatti alla propria preparazione atletica, senza troppi dislivelli e curve che più facilmente richiedono “strappi” con ricorso a metabolismo anaerobico; farli a velocità costanti, senza andare in affanno; evitare condizioni climatiche avverse, come freddo eccessivo e fitte nevicate.

Come si stabiliscono i valori di frequenza cardiaca “allenanti”?
Il test da sforzo o, meglio ancora, il test da sforzo cardiopolmonare ci danno indicazioni precise sui limiti del paziente e sui livelli di impegno da non superare per poter avere benefici effetti dalla pratica di questo piacevole sport.

A cura di Francesca Di Blasi

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