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Tutti sugli sci, ma attenti alle scottature

11/12/2008

La neve è caduta abbondante e la stagione sciistica è cominciata. La metà degli habitué delle piste bianche però si scotta al sole.

Secondo una recente ricerca neozelandese metà degli sciatori si scotta al sole. I dati sono stati divulgati dai dermatologi dell’Adoi – Associazione dermatologi ospedalieri italiani perché lo studio rispecchia anche il dato italiano: 1 sciatore su 2 si scotta al sole e 7 su 10 sono ignari dei messaggi educativi sulla protezione della pelle. Gli uomini, poi, si bruciano almeno il doppio rispetto alle donne. Al primo fine settimana sulla neve, insomma, in genere ci si ricorda di tutto tranne che della crema protettiva. Eppure, in montagna il riflesso del sole sulla neve e sul ghiaccio rende ancora più pericolosa l’esposizione, perché è amplificato di 4 volte rispetto a quello della sabbia e la quantità di raggi UVB (responsabili di eritemi e scottature) aumenta del 4 per cento ogni 300 metri di quota. E non sempre la crema da sola è sufficiente a proteggere la pelle. Da non dimenticare, poi, che sono i più piccoli a farne le spese maggiori, perché la pelle del bambino è più fragile davanti all’aggressione del sole e ha memoria degli insulti subiti. L’Adoi lancia quindi un appello per far sì che gli italiani non si dimentichino di proteggere la pelle anche in montagna e non solo al mare ricordando che gli ultravioletti provocano danni alla pelle. Ne abbiamo parlato con i professionisti di Humanitas. 

Anche il sole preso sulle piste da sci danneggia la pelle?
Una scorretta esposizione solare sulla neve è forse quanto di più deleterio possa esserci per la salute della nostra pelle. Il riverbero del sole sulla neve, infatti, è così elevato anche quando il sole sembra solo tiepido da provocare danni seri alla cute perché i raggi ultravioletti nocivi UVA penetrano in profondità nel derma alterandone le fibre elastiche e del collagene, mentre gli UVB sono estremamente potenti, molto più che al mare, provocando arrossamento o vere e proprie scottature solari. Inoltre, d’inverno sulle piste da sci la pelle è aggredita e arrossata dal freddo e dal vento dell’alta quota e non è protetta dall’abbronzatura. Le insidie, quindi, in linea generale, sono maggiori rispetto al sole preso in spiaggia. Ma gli sciatori sottovalutano i danni alla pelle, che vanno dall’invecchiamento precoce, con rughe e macchie indelebili, fino alla degenerazione tumorale.

Quali sono i suoi consigli per proteggersi?
In montagna e, soprattutto, in alta montagna, durante il periodo d’innevamento, il vero pericolo è l’alta concentrazione di raggi UVA, quelli che invecchiano e degenerano la pelle. Purtroppo questi raggi vengono poco o nulla bloccati dai filtri chimici attualmente presenti nelle creme solari. Gli alpinisti scalatori, infatti, preferiscono adoperare le creme ad alto contenuto di Ossido di Zinco, un pigmento che riflette i raggi del sole, ma che rende bianca la pelle e, quindi, non è comunemente accettato. Il problema si risolve coprendosi il più possibile dato che, a differenza dell’estate al mare, il caldo non è un impedimento. In pratica, il consiglio è quello di indossare il cappello con visiera o il casco da sci e gli occhiali a maschera proteggenti e per la parte che rimane scoperta del volto come guance, naso, bocca, mento e collo utilizzare, durante le discese con gli sci o le risalite sugli impianti, un foulard di seta, che mantiene in ombra la pelle. Può sembrare un’esagerazione, ma i vantaggi per la salute della pelle sono assicurati.

Quali sono i comportamenti sbagliati?
Osservo che in montagna molte persone, soprattutto i giovani, non si proteggono affatto anzi sfruttano la potenza degli UV approfittandone per abbronzarsi rapidamente, cioè come fare una lampada ad alta pressione nei centri di abbronzatura della città. Si tolgono cappello, occhiali, aprono la camicia e si piazzano a mezzogiorno sotto il sole. Qualcuno si porta anche uno specchio riflettente. Questi comportamenti sono molto pericolosi. Si chiama ‘abbronzatura da weekend’, se ne diventa spesso dipendenti e i danni sono peggiori di quelli dei centri d’abbronzatura. Infatti, data la bassa temperatura dell’aria, in montagna la pelle non si arrossa, non si sente caldo e non ci si rende conto del tempo trascorso. Al lunedì, però, spesso arrivano in ambulatorio giovani con profonde scottature solari, con Herpes (febbre) alle labbra, con occhi arrossati e palpebre gonfie. E i danni per gli occhi e per la pelle sono irreversibili. Questi giovani da anziani avranno un’alta probabilità di sviluppare un tumore cutaneo o un distacco di retina. Penso che le autorità sanitarie delle regioni alpine debbano prendere in seria considerazione l’opportunità di istituire campagne di educazione alla corretta esposizione al sole in montagna.

A cura di Lucrezia Zaccaria

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