Sonno

Insonnia, cosa sono i farmaci ipnotici?

21/05/2019

Lo stress, i troppi viaggi, una preoccupazione professionale, un lutto o un cambiamento nella vita possono tenerci svegli la notte ed impedirci di raggiungere per troppi giorni di fila le otto ore di sonno di cui in media avremmo bisogno. Contro i disturbi del sonno, oltre ai rimedi naturali che possono essere usati se il disturbo è transitorio e non assume dimensioni preoccupanti, esistono i farmaci sedativi-ipnotici. Il termine sonniferi non è molto utilizzato. Abbiamo chiesto al dottor Vincenzo Tullo, neurologo responsabile di medicina del sonno ed esperto di cefalee di Humanitas, di spiegarci cosa sono e quando si usano.

 

I farmaci ipnotici per i disturbi del sonno

Oggi i ricercatori stanno indagando su un neurotrasmettitore che potrebbe avere grandi responsabilità nei disturbi del sonno. Le speranze sono molto ma nel frattempo, per curare questi disturbi, è possibile servirsi di un trattamento farmacologico. Le medicine che possono essere assunte si chiamano farmaci ipnotici e non sonniferi e ne esistono due ampi gruppi: le vecchie, ma ancora utilizzate, benzodiazepine e le non-benzodiazepine. Questi farmaci possono aiutare nella fase dell’addormentamento o a prolungare semplicemente il sonno. Fra i rischi maggiori connessi a questo trattamento troviamo la dipendenza, ecco perché i neurologi raccomandano perentoriamente l’utilizzo limitato e circoscritto nel tempo.

Disturbi del sonno: quali cause?

Gli insonni veri sono intorno al 9%, poi ci sono il 6-7% di brevi dormitori, che stanno bene con sole quattro cinque ore di sonno, mentre il 12% riguarda i soggetti non propriamente insonni ma deprivati di sonno per scelta, per lavoro, per stile di vita. A volte l’insonnia cela una condizione medica o un disturbo del sonno che può essere indagata grazie alla polisonnografia, una sorta di radiografia del sonno che misura il battito cardiaco, la saturazione di ossigeno nel sangue, l’attività cerebrale, i movimenti degli occhi e del corpo, può rivelare le vere cause del disturbo.

Fra questi c’è l’apnea ostruttiva, che provoca sonnolenza diurna. Il 40% dei casi si collega all’insonnia e si cura con il CPAP, un dispositivo che aiuta la ventilazione delle vie respiratorie. Oppure si può scoprire che l’insonnia è una conseguenza della sindrome delle gambe senza riposo, che si cura con i dopaminergici.

Quando l’insonnia è secondaria alla depressione o all’ansia, gli antidepressivi possono migliorare entrambe le condizioni allo stesso tempo. A basso dosaggio tendono ad aumentare il sonno profondo.

 

I nuovi farmaci per l’insonnia lavorano su una molecola del cervello

I farmaci classici per il sonno, quali le benzodiazepine, fungono da sedativi, andando a modificare l’azione dei recettori cosiddetti GABA per facilitare l’inattività cerebrale. Un gruppo nuovo di medicinali in fase di studio, i DORA, diminuiscono le notti insonni bloccando i recettori per l’orexina del cervello.

Nel 2014, la Food and Drug Administration ha approvato il primo antagonista del recettore dell’orexina, un neuropeptide prodotto dall’ipotalamo, la cui cronica carenza provoca la narcolessia, una malattia caratterizzata da un’eccessiva sonnolenza. Bloccare questa molecola del cervello che ci tiene svegli potrebbe rivelarsi un punto di svolta nelle terapie contro l’insonnia.

Questi farmaci però sono così nuovi che i loro benefici e rischi a lungo termine sono ancora da studiare. Il farmaco ideale per il sonno non esiste ancora e per l’insonnia a lungo termine, la terapia primaria resta in assoluto quella comportamentale, solitamente senza farmaci ma attraverso la terapia cognitivo-comportamentale. Va da sé che alcune misure “cautelari” come evitare l’uso serale dei tablet e dei cellulari, ridurre la caffeina ed evitare i sonnellini diurni, tenendo a bada lo stress, restano di grande aiuto.

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