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Cuore e sistema cardiovascolare

Insonnia, chi dorme poco ha un maggior rischio cardiovascolare?

28/02/2018

Per mantenere il cuore in salute negli anni è bene controllare i tanti fattori di rischio che possono pregiudicare il benessere cardiovascolare, dall’eccesso di peso al fumo di sigaretta alla pressione alta. Negli anni sono emerse però numerose evidenze che hanno individuato nell’insonnia una delle condizioni che possono minacciare tale benessere. Dormire bene e a sufficienza è un’abitudine sana anche per il cuore. Ne parliamo con la dottoressa Lara Fratticci, neurologa di Humanitas.

Obesità e diabete correlati a insonnia

Il benessere cardiovascolare è qualcosa che si costruisce nel tempo e che passa attraverso uno stile di vita salutare a 360 gradi. I due pilastri sono l’alimentazione sana ed equilibrata e l’attività fisica aerobica svolta regolarmente ma il piatto non è completo: a questi dev’essere aggiunto anche il sonno, congruo e di qualità. Diversi studi negli ultimi anni hanno associato infatti la carenza di sonno a risvolti negativi per la salute cardiocerebrovascolare. Ad esempio uno studio dell’American Heart Association del 2011 ha correlato la carenza di sonno a un maggior rischio di ipertensione, uno dei principali fattori di rischio del cuore.

La stessa associazione, nel 2016, ha preso posizione apertamente sulle pagine della rivista scientifica Circulation riguardo l’importanza della promozione di abitudini notturne più sane per proteggere cuore e cervello. Gli autori della ricerca hanno indicato come sia ormai emersa una correlazione tra la durata e i disturbi del sonno con il rischio cardiometabolico, il diabete di tipo due, l’ipertensione e l’obesità e quindi con le malattie cardiovascolari.

Addormentarsi con fatica

Una nuova conferma di questo stretto legame è emersa da una ricerca realizzata dalla China Medical University di Shenyang (Cina) pubblicata su European Journal of Preventive Cardiology che ha associato l’insonnia a un maggior rischio di ictus e ictus. I suoi autori hanno condotto una meta-analisi di quindici studi prospettici, con un totale di 160.867 partecipanti. Nel corso di circa trent’anni sono stati diagnosticati 11.702 eventi cardiovascolari avversi (infarto del miocardio, malattia coronarica, scompenso cardiaco, ictus o una combinazione di eventi).

I sintomi dell’insonnia rilevati erano la difficoltà ad addormentarsi, quella a mantenere il sonno, il risveglio precoce e il sonno non ristoratore: «In particolare – aggiunge la dottoressa Fratticci – alla difficoltà di addormentarsi è stato associato il maggiore aumento del rischio di infarto e ictus». Questo era pari al 27% mentre nella relazione con un sonno non ristoratore o con un sonno disturbato da microrisvegli le percentuali scendevano al 18% e 11%, sempre rispetto a chi non presentava disturbi di insonnia.

«In generale – continua la specialista – è emersa un’associazione più significativa nel sesso femminile. Non è emersa invece una correlazione con il risveglio precoce perché, pur interrompendosi prima, non è detto che non sia un sonno non ristoratore, riposante».

Cosa cambia con la privazione del sonno

Quando si dorme l’attività cerebrale si modifica: «Fisiologicamente si riduce l’attività simpatica e aumenta quella parasimpatica del sistema nervoso autonomo. Ci potranno essere dei microrisvegli, ma in un numero tollerato dall’organismo. Quando invece le interruzioni del sonno sono maggiori, il livello di attivazione psico-fisiologica sale, c’è iperattivazione somatica, cognitiva e cerebrale – ricorda la dottoressa Fratticci – e l’attività del sistema nervoso autonomo si sbilancia a favore dell’attività simpatica».

A cosa va incontro l’organismo? «Aumenta la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca; aumenta il livello di alcuni neurotrasmettitori, il metabolismo e la temperatura corporea; si incrementa la produzione di interleuchine ovvero di molecole infiammatorie; si modifica la tolleranza agli zuccheri e si riduce l’utilizzo degli zuccheri a livello cerebrale, si innescano processi infiammatori che possono portare all’insorgenza del diabete, un fattore di rischio di malattia cardiaca».

«Infine diminuisce la produzione di leptina, l’ormone della sazietà, e cresce quella della grelina, l’ormone della fame. C’è infine una correlazione con la tachicardia e l’aritmia cardiaca. Tutti questi aspetti, con una maggiore attività del sistema simpatico, hanno un impatto sulla salute cardiocerebrovascolare dell’individuo», conclude la dottoressa Fratticci.

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