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Gravidanza

Gravidanza: le fasi del travaglio

20/04/2021

Il parto è  un evento fisiologico, per il quale il corpo femminile è naturalmente predisposto, e al quale si prepara gradualmente, è un’esperienza strettamente personale, unica in ogni donna,che lo affronta e lo vive in modo diverso. 

Insieme al dottor Alessandro Bulfoni, Responsabile di Ostetricia e Ginecologia in Humanitas San Pio X, scopriamo insieme come funziona il travaglio del parto,  come si caratterizza la fase di preparazione e quando si parla di travaglio attivo.

La fase prodromica

La fase prodromica permette al corpo di prepararsi al travaglio che porterà al parto. La gestante inizierà ad avvertire le prime contrazioni, che si presenteranno in modo irregolare, e che determineranno progressivamente la dilatazione, l’accorciamento, l’ammorbidimento e l’assottigliamento del collo dell’utero. Il bambino si sposterà così, pian piano, nel canale del parto.

Durante la gravidanza è presente nel collo dell’utero un tappo mucoso, che lo protegge da eventuali infezioni dalla vagina. 

Quando il collo si ammorbidisce e si dilata, si ha l’espulsione del tappo e la gestante avrà una perdita vaginale biancastra, con possibili striature rosate, di consistenza vischiosa. La perdita del tappo non significa automaticamente che il parto è imminente, ma segnala che la gravidanza sta giungendo a termine.

Potrebbe anche verificarsi la rottura delle membrane (comunemente detta rottura delle acque), che si manifesta con una perdita vaginale di liquido, che se fisiologico è chiaro: quando questo accade, è necessario recarsi in ospedale per il ricovero. Se la rottura delle membrane si verifica prima della 37a settimana o se la secrezione non appare chiara, ma molto scura, tendente al verde, bisogna recarsi in pronto soccorso con urgenza.

Quanto dura la fase prodromica?

La durata del primo stadio è imprevedibile, e in caso si tratti della prima gravidanza, può durare da diverse ore ad alcuni giorni. Per affrontarla correttamente, il consiglio è quello di riposare, fare una passeggiata, rilassarsi con una doccia o un bagno, ascoltare musica, leggere o guardare un film, trovare la posizione più comoda e concentrarsi sulla respirazione, soprattutto quando arrivano le contrazioni.

Il travaglio attivo

In questa fase la dilatazione del collo dell’utero dovrà raggiungere i 10 centimetri. Le contrazioni saranno via via più intense e dolorose e avranno una cadenza sempre più regolare: ogni 10-5 minuti e poi ogni 2 minuti circa. Non si avvertiranno più nella parte bassa dell’utero, ma dall’alto si diffonderanno verso il basso: questo fa sì che la testa del bambino venga spinta contro il collo dell’utero, raggiungendo così la dilatazione completa necessaria al passaggio del bambino.

Durante la contrazione il dolore arriva lentamente, raggiunge il suo picco (che dura circa 30 secondi) e poi si allevia. Dopo una breve pausa (sempre più breve man mano che il travaglio prosegue), riparte. Durante la fase di picco si irradia anche alla regione lombare.

La durata di questa fase è anch’essa variabile: alla prima gravidanza, indicativamente, la dilatazione è di circa un centimetro all’ora; nelle gravidanze successive il processo è un po’ più veloce.

La fase dilatante del travaglio è in genere il momento più stancante: le contrazioni sono intense e ravvicinate, durano circa 60-90 secondi l’una e si presentano ogni 30-90 secondi. 

A questo punto, è il momento di andare in ospedale

Il periodo espulsivo

Il periodo espulsivo è il momento che passa tra la fine del travaglio, con la completa dilatazione del collo dell’utero, e il bisogno di spingere avvertito dalla partoriente, e avviene tendenzialmente in sala parto. 

La partoriente dovrà assecondare le contrazioni uterine con le spinte, per aiutare il bambino a uscire. La paziente sarà invitata, dal personale ostetrico, a spingere all’apice della contrazione e a riprendere fiato tra una contrazione e l’altra. L’équipe ostetrica accompagnerà la donna passo passo, cercando di aiutarla ad ascoltare il proprio corpo e a trovare la posizione migliore per favorire la fuoriuscita del bambino.

La testa del bambino scenderà progressivamente nelle pelvi, con conseguente sensazione di pressione contro il retto e dolore; vagina e perineo infatti raggiungono la massima tensione per favorire dapprima il passaggio della testa e poi del resto del corpo. A un certo punto, la testa si renderà visibile sporgendo dall’apertura vaginale e in genere, bastano 2 o 3 spinte per consentirne la fuoriuscita. Il personale ostetrico reggerà la testa del piccolo e favorirà il passaggio prima di una spalla e poi dell’altra; il resto del corpo a questo punto scivolerà fuori naturalmente. Il parto è compiuto, il bimbo è nato e verrà adagiato pelle a pelle sul corpo della mamma (skin to skin), e protetto da una coperta calda.

Questa fase dura massimo un paio d’ore.

 

L’espulsione della placenta

Una volta che il bambino è nato si procede al taglio del cordone ombelicale, dopodiché il neonato sarà affidato all’équipe medica per i primi controlli.

Dopo il parto, la placenta si distacca e fuoriesce dalla vagina, in un processo che dura circa 30-60 minuti, detto secondamento.

 

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