La meditazione lascia traccia nel cervello e cambia il suo modo di funzionare. Dei ricercatori della Carnegie Mellon University (Usa) hanno dato una base scientifica ai benefici di un tipo particolare di meditazione, la mindfulness. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Biological Psychiatry.
Ne abbiamo parlato con gli specialisti di Humanitas.
Lo studio
35 persone disoccupate che stavano attraversando un periodo di forte stress sono state reclutate nello studio e divise in maniera casuale in due gruppi: uno sottoposto a mindfulness l’altro a tecniche generiche di rilassamento senza una componente mindfulness. Dopo 3 giorni tutti i volontari hanno riferito di sentirsi meglio e in grado di resistere allo stress.
Grazie alla risonanza magnetica funzionale gli scienziati hanno “fotografato” il cervello dei volontari prima e dopo le sedute meditative e hanno visto che solo nei soggetti che si erano sottoposti alla mindfulness il cervello aveva un aspetto diverso. Questo mostrava un livello maggiore di attività e comunicazione tra le aree cerebrali associate alla regolazione emotiva, alla reazione e alla gestione dello stress, alla calma e alla concentrazione. Inoltre, sempre in questi volontari, la meditazione aveva avuto effetto anche sul loro stato di salute generale: si era ridotto il livello di uno specifico marcatore di infiammazione (spesso livelli alti di questo marcatore sono stati osservati in soggetti con alti livelli di stress).
Cos’è la mindfulness?
La traduzione letterale del termine inglese mindfulness è “consapevolezza”. Questa è una tecnica ideata agli inizi degli anni ’80 negli States da Jon Kabat-Zinn basandosi su alcuni concetti e tecniche mutuate dal Buddismo Zen. In poche parole è una tecnica che ha lo scopo di insegnare a prestare attenzione ai propri processi mentali con intenzione, facendo riferimento unicamente al momento presente e in modo non giudicante. Insomma ad aumentare la consapevolezza dei nostri processi mentali, che spesso ci appaiono opachi.
Mindfulness assimilata all’interno del bagaglio di tecniche della moderna psicoterapia cognitiva
Solitamente è una tecnica utilizzata all’interno di un processo terapeutico più ampio, ma l’intervento può limitarsi anche unicamente alla mindfulness. La mindfulness si è dimostrata utile soprattutto nel trattamento degli ansiosi ma anche della tendenza al rimuginio (pensare in modo eccessivo, ricorsivo e poco produttivo ad un tema).
I ricercatori hanno osservato che nel cervello dei soggetti sottoposti a mindfulness, e non in quello di coloro sottoposti a meditazione non-terapeutica, l’attivazione e la comunicazione della corteccia prefrontale con un network esteso di aree cerebrali era cresciuta. Questa porzione della corteccia cerebrale ha funzioni prettamente esecutive e gestionali: per esempio è la sede del controllo di alcuni aspetti dell’attenzione, ma è anche stata associata a riduzione del dolore, delle emozioni negative e dello stress.
Questo studio dimostra per la prima volta che questo effetto è mediato da cambiamenti che avvengono nel funzionamento del nostro cervello. È come se grazie alla meditazione il cervello riesca a gestire meglio le situazioni di stress.