Donne, menopausa e ormoni

Se qualche anno fa alle donne che raggiungevano il periodo della menopausa si consigliava di ricorrere alla terapia ormonale sostitutiva (TOS), ovvero alla somministrazione di ormoni sotto forma di compresse o cerotti transdermici, da qualche tempo a questa parte l’aria è cambiata. La ragione: un serie di studi effettuati negli Stati Uniti e in Gran Bretagna che hanno dimostrato che gli ormoni sono meno utili di quanto si pensasse nella prevenzione dei disturbi cardiaci ma che, in compenso, aumentano il rischio di cancro al seno e all’utero (a fronte di una modesta riduzione del rischio di cancro al colon).

La maggiore delusione, però, riguarda proprio l’azione che questi ormoni avrebbero dovuto avere sul cuore: dato che le malattie cardiovascolari come l’infarto sono poco frequenti nelle donne prima della menopausa a causa dell’effetto protettivo degli estrogeni, i medici avevano dato praticamente per scontato che, una volta terminata la produzione naturale di queste sostanze, bastasse sostituirle con quelle sintetiche. Così non è. Per qualche ragione non ancora del tutto chiarita, il metabolismo degli ormoni di sintesi non è del tutto analogo a quello degli ormoni naturali. “Per anni si è attribuito loro un effetto benefico inesistente – spiega il dott. Edoardo Gronda, cardiologo -, anche perché la TOS riduce i livelli di colesterolo nel sangue. Ora si sa che questo non basta a proteggere il cuore delle donne. Inoltre alcuni studi hanno scoperto che la TOS può essere persino negativa se somministrata a donne che già soffrono di cuore: nei primi due anni di cura, infatti, aumentano gli infarti, mentre successivamente il loro numero si stabilizza, ma non compare alcun effetto protettivo. Per questa ragione non si ritiene più adeguato suggerire la terapia ormonale sostitutiva sulla base di una riduzione dei rischi cardiovascolari nella donna dopo la menopausa”

Secondo la maggior parte degli studi che hanno “smontato” l’utilità preventiva della TOS, è il rischio oncologico il maggior freno al suo utilizzo. Non tutti, però, sono d’accordo: uno dei più autorevoli sostenitori della TOS, seppure con le dovute precauzioni, è Umberto Veronesi, direttore dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, che ha promosso uno studio, in collaborazione con molti centri sparsi in tutta Italia, per valutare l’effetto degli ormoni di sintesi dopo la menopausa combinati con un analogo degli estrogeni, il tamoxifene. “Lo studio, chiamato HOT, parte dal presupposto che la menopausa è un momento difficile per la donna e che quindi è necessario fornirle uno strumento efficace nel contrastarne i sintomi più fastidiosi come le vampate di calore, l’affaticamento, l’insonnia o il calo del desiderio sessuale. Dire semplicemente che la TOS aumenta il rischio di cancro alla mammella non le aiuta. Per questo abbiamo pensato di combinare la terapia ormonale sostitutiva con il tamoxifene, un farmaco che ne annulla gli effetti negativi sulle cellule del seno, già impiegato in precedenza nelle donne operate di cancro per evitare le ricadute”. Lo studio, ancora in corso, dovrebbe fornire, dopo un periodo di osservazione di cinque anni, una risposta scientificamente corretta al dilemma di molte pazienti. Per quanto riguarda invece l’aumento del cancro all’utero, numerosi studi hanno dimostrato che questo è legato alla somministrazione dei soli estrogeni. Se a questi si associa, per circa 10-14 giorni al mese, un preparato a base di progesterone, così come accade nel ciclo naturale della donna, questo rischio scompare. Le linee guida dell’Associazione americana dei ginecologi sono tassative su questo punto: non bisogna saltare la cura con progesterone sulla base della falsa convinzione che una dose di ormoni globalmente più bassa sia più sicura, perché è vero il contrario.

Altra nota dolente a sfavore della TOS è l’aumento del rischio di trombosi venosa, ovvero di formazione di coaguli nelle vene, così come accade peraltro anche con la comune pillola anticoncezionale. Anche in questo caso una soluzione proviene dagli studi più recenti che hanno dimostrato una riduzione del rischio se si utilizzano i cerotti che somministrano gli ormoni attraverso la pelle rispetto all’assunzione per bocca.
Che fare quindi quando compaiono le prime vampate? Dopo alcuni anni di ostracismo assoluto, ora si torna a parlare di TOS con un po’ più di lucidità, seppure con qualche distinguo: ogni donna deve consultare il proprio medico di famiglia per valutare con attenzione il rapporto tra rischi e benefici, che può essere molto diverso da persona a persona, dato che dipende dalla presenza in famiglia di casi di infarto e tumore, ma anche dall’intensità dei sintomi della menopausa e dal loro effetto sulla vita quotidiana.

di Livia Romano

Redazione Humanitas Salute: