Come proteggere la spalla in inverno

Per gli appassionati dello sci i danni alla spalla sono in agguato. I traumi sono infatti frequenti in caso di caduta. I consigli per non correre rischi.

Inverno: neve e sci sono la passione di molti sportivi. Ma gli amanti delle piste innevate, giovani e meno giovani, sanno di potere andare incontro a traumi che possono coinvolgere anche la spalla. In caso di caduta infatti, questa delicata articolazione può rimanere vittima di danni talvolta anche complessi. “Sono i traumi diretti o quelli in seguito a caduta con braccio esteso a causare le principali patologie a carico della spalla – spiega il dott. Mario Borroni, specialista dell’Unità Operativa di Ortopedia di spalla, gomito e piede dell’Istituto Clinico Humanitas, diretta dal dott. Alessandro Castagna -. I traumi diretti o violentemente discorsivi possono provocare lussazioni (gleno-omerali e acromion-claveari) o fratture (epifisi prossimale dell’omero, grande tuberosità e clavicola) con effetti talvolta gravi in relazione proprio all’alta velocità ed all’alta energia a cui avvengono. Se invece il traumatismo, anche a bassa energia, avviene sul braccio esteso, si possono subire danni ‘minori’ pur tuttavia sintomatici e talvolta invalidanti come ad esempio la lesione del cercine superiore (altrimenti nota come ‘SLAP lesion’) che si manifesta con una spalla dolorosa e il cui riscontro avviene solo dopo una accurata visita, dal momento che anche esami strumentali come la risonanza magnetica a volte faticano ad evidenziarla”.

Come rimediare? “Il trattamento di queste lesioni è molto variabile in relazione al diverso quadro patologico e clinico – continua il medico -. Per ciò che riguarda le lussazioni occorre differenziare quelle gleno-omerali (per le quali è necessaria una rapida riduzione e che possono richiedere, soprattutto se recidivanti, il trattamento chirurgico generalmente artroscopico) da quelle acromion-claveari (che seppure dolorose e ‘inestetiche’ generalmente hanno un decorso che non necessita un intervento chirurgico). Anche per le fratture i trattamenti possibili sono variabili: le opzioni vanno dal trattamento conservativo, a quello chirurgico con riduzione della frattura alla sintesi con placche, viti, chiodi, fino ad arrivare alla sostituzione protesica nei casi più gravi. In presenza invece delle lesioni del cercine superiore (SLAP) il trattamento è generalmente chirurgico artroscopico, anche se le richieste funzionali e la sintomatologia del paziente possono far decidere per un trattamento riabilitativo”.

Ma non solo lo sci mette a rischio la spalla, diversi altri sport possono dare conseguenze. “Le attività sportive – precisa il dott. Borroni – possono in alcuni casi causare l’insorgenza o il peggioramento di patologie a carico delle strutture dell’apparato muscolo scheletrico, sollecitate durante lo sport e pertanto anche a carico della spalla. Naturalmente queste patologie sono peculiari dei diversi tipi di sport e delle diverse tipologie di paziente in relazione soprattutto all’età. Ma in modo generale possiamo dividerle in traumatiche, da microtraumi ripetuti e da usura. Per quello che riguarda i traumi, siano essi distorsivi o contusivi, il tipo di gesto sportivo eseguito è fondamentale: tralasciando le cadute, avremo sport di contatto (calcio, rugby, arti marziali, football americano, basket) in cui è più frequente avere traumi come lussazioni (sia gleno-omerali sia acromion-clavicolari), fratture e più raramente rotture di tendini.
La lussazione avviene quando il trauma determina il cedimento delle strutture capsulo-legamentose che servono a mantenere la stabilità della spalla, causando una perdita dei rapporti articolari tra glena e omero. Spesso è necessaria una manovra riduttiva da eseguire in pronto soccorso o comunque da parte di personale medico qualificato. In alcuni traumi di particolare violenza è possibile avere la frattura di omero, scapola o clavicola, mentre più raramente si verifica la rottura dei tendini della spalla (cuffia dei rotatori, bicipite, pettorale, tricipite)”.

Ci sono sport più rischiosi di altri. Si tratta dei cosiddetti “overhead”, cioè quelli in cui il braccio viene sollevato sopra la testa, come tennis, pallavolo, pallanuoto, nuoto a stile libero e dorso, ginnastica artistica. “In queste attività – spiega ancora lo specialista – è invece più frequente la presenza di una sintomatologia dolorosa causata da microtraumi ripetuti. Tali lesioni sono di solito carico delle strutture capsulo legamentose (cercine e legamenti) e portano a lussazioni, sublussazioni o quadri di microinstabilità spesso dolorosi. Il danno avviene in corrispondenza delle strutture anatomiche deputate al mantenimento della stabilità della spalla che vengono ‘consumate’ e sfibrate a causa del ripetersi del gesto sportivo. È chiaro che il tempo e l’intensità del gesto sportivo sono direttamente proporzionali al rischio di lesione. Nei pazienti più anziani infine lo sport, a causa di un trauma o di ‘over use’, può portare a un peggioramento di un quadro fino a quel momento silente: legamenti e tendini già usurati o deboli possono andare incontro dopo un solo gesto troppo intenso o sforzi non più tollerabili per intensità e durata a rotture spesso difficilmente riparabili. In questo caso le strutture sono come un maglione liso, che se viene tirato troppo si lacera irrimediabilmente”.

A cura della Redazione

Redazione Humanitas Salute: