L’invecchiamento ha un sesso e non è paritario. È un dato di fatto che uomini e donne procedano lungo il corso della vita diversamente; se infatti esistono fattori di invecchiamento prettamente individuali, come la genetica, la condotta adottata nella vita di tutti i giorni, la nutrizione e l’ambiente in cui si vive; ormoni aspettativa di vita e cambiamenti corporei sono indiscutibilmente aspetti di genere. Corpo e psiche di uomini e donne, del resto, rispondono diversamente all’invecchiamento facendone un’esperienza completamente diversa. Ne parliamo con la dottoressa Maria Elena Abati, geriatra di Humanitas.
Tutte le diversità
In tutto il mondo le donne sono più longeve degli uomini. Le ipotesi a tal proposito sono diverse; c’è chi chiama in causa la maggiore pericolosità delle occupazioni e delle attività svolte durante la vita dagli uomini, chi individua la spiegazione nella maggior attenzione alla salute da parte delle donne, che significa più consulti medici e maggiori probabilità di ricevere una diagnosi precoce di problemi di salute. Di fatto l’invecchiamento è molto diverso per i due sessi. Il corpo di una donna risponde traumaticamente all’invecchiamento con la menopausa, mentre il corpo di un uomo risponde più gradualmente. Diversi sono gli ormoni interessati dal processo di invecchiamento; per le donne, specie durante e dopo la menopausa, gli estrogeni, per gli uomini il testosterone. Anche a livello cerebrale il passare del tempo ha effetti diversi su uomini e donne. Gli uomini in sovrappeso, con diagnosi di diabete o che hanno avuto un ictus hanno maggiori probabilità di soffrire di disturbi cognitivi. Le donne, dal canto loro, hanno maggiori probabilità di soffrire di deficit cognitivi se per la prima parte della loro vita dipendevano da altri per le attività quotidiane e non disponevano di una forte rete sociale.
I centenari
Fra chi taglia il traguardo del secolo di vita sono le donne a essere in forte maggioranza. In ogni caso sono significative le differenze che si riscontrano fra i centenari dei due sessi. Il 24% dei centenari maschi e il 43% delle centenarie femmine rientrano nel profilo dei cosiddetti sopravvissuti. Si tratta di persone che hanno avuto una diagnosi di almeno una delle malattie legate all’età prima degli 80 anni. Il 32% degli uomini e il 15% delle donne oltre i 100 anni rispondono al profilo degli “escapers”, o scampati, ossia di persone che non hanno avuto problemi di salute importanti. Il 44% degli uomini e il 42% delle donne oltre i 100 anni sono “ritardatari”, o persone che non hanno avuto una diagnosi importante fino a dopo gli 80 anni. In sintesi gli uomini che arrivano ai 100 hanno maggiori probabilità di essere “fortunati”, ossia quasi mai toccati da malattie di rilievo, rispetto alle donne, che sembrano essere in grado di sopportare meglio le malattie a lungo termine.