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Bellezza

I lifting che rimodellano il viso

25/11/2003

Un tempo, quando si parlava di trattamenti di chirurgia estetica del viso, si pensava subito al lifting, inteso come una sorta di “tiratura” dei tessuti della pelle. Oggi, invece, quando si parla di lifting, si intende tutta una serie di trattamenti finalizzati non solo a tirare la pelle, ma a riposizionare i tessuti nella situazione precedente. “E’ noto, infatti, che l’invecchiamento del volto è dovuto soprattutto a un abbassamento dei tessuti” – spiega il dott. Simone Grappolini, Responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica di Humnaitas – “provocato sia dalla naturale forza di gravità, sia dalla perdita di tono dei muscoli sottostanti”. Un viso non più giovane, così, può mostrarsi con zigomi non più evidenti e con la zona dell’arco mandibolare cadente. L’intervento principe utilizzato in questi casi è il lifting cervico-facciale, che ha l’obiettivo di ridurre la quantità di pelle nei punti in cui risulta troppo abbondante e di risollevare le strutture muscolari rilassate, così che possano sostenere meglio tutto il piano cutaneo. Se ci si limitasse a “tirare” la pelle il risultato, oltre a essere poco naturale, sarebbe solo temporaneo e la cute cederebbe in breve tempo tornando allo stato iniziale.

“Non sempre, però, la richiesta è di un lifting del viso completo” continua Grappolini “molto frequenti sono anche i lifting parziali, come il lifting del terzo superiore del viso, per cancellare le rughe della fronte e la caduta del sopracciglio, il lifting del terzo medio, per migliorare gli zigomi e le guance cascanti e il lifting del terzo inferiore, per rimodellare il collo”. Associati ai vari tipi di lifting si possono effettuare altri trattamenti correttivi del viso, come la blefaroplastica (chirurgia delle palpebre, per ridurre le borse o eliminare l’eccesso di cute delle palpebre superiori), la mentoplastica (correzione di un mento irregolare o sfuggente, per ripristinare le proporzioni tra le varie parti del viso) e il lipofilling (impianto di tessuto autologo, cioè del proprio grasso, per riempire piccole zone del viso e dare più turgore alle strutture cutanee). Il fatto di utilizzare parti del proprio corpo ha il vantaggio di ridurre a zero il rischio di allergie, intolleranze o rigetto. Ancora oggi, però, si possono utilizzare filler (sostanze iniettabili) di tipo sintetico. “Personalmente ho poca simpatia per i materiali sintetici” sottolinea Grappolini “perché a volte possono dare dei problemi di non facile risoluzione. Infatti possono spostarsi dalla sede, infiltrandosi nelle fibre muscolari, e recuperarli chirurgicamente diventa molto difficile e pericoloso. Più pratici e sicuri sono i filler di acido ialuronico, una sostanza naturale normalmente contenuta nel nostro organismo. L’unico svantaggio è che, una volta iniettato, l’acido ialuronico viene riassorbito dall’organismo gradualmente fino a scomparire e con esso anche l’effetto estetico. La durata dell’operazione varia molto da individuo a individuo: vi sono persone alle quali l’impianto può durare tre mesi e altre alle quali può essere ancora ben visibile dopo 7-8 mesi. Una volta riassorbito, comunque, è possibile fare dei ritocchi”.

Un argomento a parte merita la tossina botulinica, farmaco dall’azione paralizzante sui muscoli. Iniettando questa sostanza, in pratica, si possono immobilizzare alcune parti del viso dove i continui movimenti (come sorridere o corrucciare la fronte) tendono a formare le antiestetiche rughe. Il risultato è senz’altro una pelle più tesa e stirata, ma anche molto meno espressiva (in quel punto non si muove più!). L’effetto, inoltre, come per l’acido ialuronico, è solo temporaneo (in media dura 6 mesi, anche se i tempi tendono ad allungarsi dopo alcune sedute). In Italia, però, l’uso della tossina botulinica in campo estetico ha una legislazione ancora incompleta. “Proprio in questi giorni siamo in attesa di ricevere indicazioni dal Ministero della Salute”.

A cura di Annapaola Medina

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