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La cura della psoriasi tra passato e futuro

14/03/2006

La psoriasi, la più frequente malattia della cute e delle unghie, colpisce quasi tre milioni di italiani. E’ una malattia subdola, difficile da diagnosticare nelle forme più lievi, invalidante in quelle più gravi. Fino a poco tempo fa la cura di questa malattia non dava risultati soddisfacenti, ma l’avvento dei farmaci biologici, in grado di far regredire il processo infiammatorio innescato dalla psoriasi, ha rappresentato una svolta importante. Ne parliamo con i professionisti di Humanitas.

Che cos’è la psoriasi?
E’ una malattia subdola, cronica, non contagiosa né ereditaria, che colpisce prevalentemente tra i 15 e i 35 anni e limita la qualità della vita, presentandosi con desquamazioni e arrossamento della pelle. Esistono diversi livelli di manifestazione e gravità della malattia: per fortuna le forme gravi di psoriasi sono una minoranza, mentre le forme lievi sono la maggioranza.

Come si manifesta?
Nelle forme lievi si manifesta con leggere desquamazioni a gomiti, ginocchia e al cuoio capelluto, dove spesso viene scambiata per forfora. In questi casi molte volte la malattia non viene nemmeno diagnosticata. A volte colpisce le mani e i piedi con piccole vescicole, desquamazioni e qualche taglietto. Anche in questo caso non viene effettuata una diagnosi corretta e viene scambiata per una dermatite irritativa o per micosi. La psoriasi colpisce frequentemente le unghie, soprattutto quelle dei piedi, che diventano fragili, cambiano colore e si ispessiscono. Anche in questo caso si attribuisce spesso l’origine del problema ad altro, una carenza alimentare o una micosi. Ma ancora una volta si tratta di psoriasi.
Se nelle forme lievi la psoriasi comporta un disturbo per lo più estetico, quando si manifesta in modo generalizzato e coinvolge zone stese di cute con chiazze arrossate, desquamanti e spesso pruriginose, procura disagi enormi e compromette la vita di relazione. Vi sono infine forme gravi di psoriasi che colpiscono il soggetto dalla testa ai piedi con intenso arrossamento (psoriasi eritrodermica) o con infiammazione e gonfiore che interessano anche le articolazioni (artrite psoriasica).

Quali sono le cause? E quali le possibili cure?
Nella psoriasi le cellule dell’epidermide (cheratinociti), per stimoli sconosciuti, crescono in modo disarmonico, inducendo lo sviluppo di processi infiammatori e richiamando e attivando alcune cellule del sangue (linfociti).
Anche se è l’infiammazione a dominare il quadro della psoriasi, i farmaci antinfiammatori classici, compreso il cortisone, non riescono a domare questo particolare tipo d’infiammazione. Già i dermatologi del passato avevano notato come l’esposizione al sole fosse spesso curativa per la psoriasi. Allora non se ne conosceva il motivo, mentre oggi si sa che i raggi ultravioletti del sole hanno la capacità di deprimere la crescita dei cheratinociti e quindi di far sparire le chiazze di psoriasi, almeno finché la persona si espone ai raggi solari.
Sfruttando questo principio, attorno al 1970, è nata la PUVA terapia ossia una terapia che sfruttava lampade a luce ultravioletta e un farmaco in grado di potenziare l’azione dei raggi UV sulla cute. Dopo circa 20 anni di PUVA terapia ci si è accorti che i pazienti sottoposti a questo trattamento sviluppavano tumori cutanei indotti dai raggi UV stessi (carcinomi e melanomi). Il gioco, quindi, non valeva la candela, e oggi la PUVA terapia non viene più utilizzata.
Sempre intorno al 1970 una nota casa farmaceutica sintetizzava una vitamina derivata dalla vitamina A che mostrava di poter controllare la psoriasi. Anche questo farmaco, tuttavia, ha mostrato di avere dei limiti importanti: fa aumentare il colesterolo e i trigliceridi nel sangue durante l’assunzione ed è teratogeno, cioè provoca danni gravi al feto durante la gravidanza.

E oggi?
Dopo trent’anni la terapia della psoriasi ha avuto una svolta importante: sono nati i cosiddetti farmaci biologici, ottenuti attraverso tecniche di ingegneria genetica. Questi farmaci sono per lo più anticorpi diretti a bloccare una o più attività delle cellule: una volta iniettati nel nostro organismo, questi anticorpi sanno riconoscere da soli il luogo dove legarsi con una precisione e una specificità che i farmaci del passato non avevano.
Questo tipo di farmaci viene impiegato soprattutto in campo oncologico per colpire selettivamente le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane, a differenza della chemioterapia che non è in alcun modo selettiva. La terapia con farmaci biologici per la sua precisione viene anche definita ‘Target Therapy’ o terapia mirata a un bersaglio.
Per la psoriasi si sono individuati alcuni bersagli da bloccare con i farmaci biologici. Il più importante di questi è il recettore per una molecola che innesca il processo infiammatorio. Il suo nome è ‘Tumor Necrosis Factor’ o semplicemente ‘TNF’. Con l’utilizzo di farmaci anti-TNF la psoriasi e anche i dolori articolari dell’artrite psoriasica regrediscono.

Dunque i farmaci biologici sono una conquista importante…
Certamente, soprattutto per la qualità della vita del paziente. Ma, come per tutte le cure, gli effetti collaterali della terapia vanno previsti e, se possibile, prevenuti. Nei casi di trattamento con anti-TNF si è maggiormente esposti ad alcune malattie infettive, anche potenzialmente pericolose. L’impiego dei farmaci biologici richiede dunque una particolare competenza, sia per sapere chi ne potrà trarre beneficio sia per prevenire gli effetti collaterali indesiderati.
Il Ministero della Salute, per mezzo dell’Agenzia Italiana del Farmaco, ha dato il via a un progetto denominato PSOCARE al fine di monitorare l’uso dei farmaci biologici nella psoriasi e ha accreditato i centri che possono prescrivere questo tipo di terapia. L’elenco dei centri accreditati è visibile sul sito del progetto PSOCARE (www.psocare.it).
Se oggi la psoriasi può essere trattata anche in Italia con i farmaci biologici, nonostante l’alto costo della cura, una parte del merito va all’associazione dei pazienti affetti da psoriasi, la ADIPSO, e al suo combattivo presidente, la dottoressa Mara Maccarone.

A cura di Elena Villa

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