Può modificare lo stile di vita, ma non deve far paura. «L’iperplasia prostatica benigna (IPB) corrisponde a un ingrossamento progressivo della prostata che avviene in tutti gli uomini a partire dalla fine della pubertà, ma non ha nulla a che vedere con il tumore della prostata», rassicura e spiega Gian Luigi Taverna, responsabile di Patologia prostatica in Humanitas.
La ghiandola prostatica aumenta di volume sotto l’azione degli ormoni maschili. «L’iperplasia o ipertrofia benigna della prostata non è, quindi, una malattia, ma una condizione parafisiologica – continua lo specialista –. Tuttavia può determinare in una percentuale di casi disturbi che ostacolano la vita di tutti i giorni. Progressivamente la ghiandola può ostruire e chiudere il collo della vescica determinando una maggiore resistenza alla fuoriuscita dell’urina».
I segni e sintomi si manifestano gradualmente: «Tutti gli uomini, con l’avanzare dell’età, sperimentano un cambiamento nel modo di urinare – sottolinea Taverna –. I segni e i sintomi dell’IPB possono verificarsi da soli o in associazione. Eccoli:
- si urina più di frequente
- si ha difficoltà a trattenere l’urina
- si fa fatica a urinare
- il getto di urina si riduce
- la minzione si blocca e si instaura quella che noi specialisti chiamiamo ritenzione acuta urinaria».
Quando e quali controlli fare?
Quando uno o più di questi sintomi alterano la qualità della vita del paziente è giusto sottoporsi a una visita specialistica.
«Gli esami misurano in base a precisi parametri clinici il grado di ostruzione – spiega il medico – e comprendono: una visita specialistica con l’obiettivo di valutare le dimensioni della prostata, esami diagnostici quali l’ecografia dell’apparato urinario, per escludere la presenza di calcoli o disfunzioni a carico dei reni che compromettano la funzione urinaria, e l’uroflussimetria, un esame non invasivo per misurare la velocità del flusso urinario».
A questo punto, in base al grado di sintomatologia si decide la terapia farmacologica che consente di rilassare la muscolatura dell’apparato urinario e favorire lo svuotamento della vescica. «Successivamente, se il paziente non risponde ai farmaci – conclude Taverna – o i farmaci smettono di funzionare, si valuta attentamente la qualità della vita del paziente e si può prendere in considerazione l’opzione chirurgica».
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