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Sistema nervoso

Narcolessia, l’assenza di un messaggero chimico all’origine della malattia

29/11/2018

La narcolessia, la malattia che scatena incontrollabili attacchi di sonno, non ha più segreti per la scienza medica. Secondo una recente scoperta alla sua origine ci sarebbe la ‘cancellazione’ di un messaggero chimico nel cervello da parte delle cellule del sistema immunitario. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, si deve alla ricerca condotta in Svizzera da ricercatori italiani ed è il risultato della collaborazione tra l’Istituto di ricerca in Biomedicina di Bellinzona (affiliato all’Università della Svizzera italiana), il Politecnico di Zurigo e il Dipartimento di Neurologia dell’Inselspital di Berna. Abbiamo commentato questi risultati con il dottor Vincenzo Tullo, neurologo di Humanitas.

 

La sonnolenza, campanello d’allarme di molti disturbi del sonno

La sonnolenza è la condizione in cui si ha sonno durante il giorno e può portare ad addormentarsi in situazioni inappropriate e in momenti inopportuni. Questo eccessivo sonno diurno può essere il sintomo di un riposo non adeguato associato a lavoro su turni, depressione, stress, ansia, ma anche problemi fisici come dolore cronico, diabete, alterazioni dei livelli di sodio, narcolessia, apnee del sonno, ipotiroidismo, ipercalcemia o all’assunzione di alcuni farmaci (come antistaminici o tranquillanti).

L’ipocreatina attaccata dalle cellule immunitarie

Il neurotrasmettitore chiamato ipocretina, coinvolto nella regolazione del ritmo sonno-veglia, viene cancellato perché i neuroni che lo producono vengono attaccati dalle cellule immunitarie chiamate linfociti T. I ricercatori lo hanno scoperto analizzando, in pazienti affetti dalla narcolessia, la presenza di cellule del sistema immunitario, i linfociti T, che riconoscono l’ipocretina e che possono uccidere direttamente o indirettamente i neuroni che la producono.

 

L’ipotesi del blocco della malattia

“Grazie all’impiego di nuovi metodi sperimentali siamo riusciti a identificare i linfociti T specifici per l’ipocretina quali responsabili di questa malattia – ha spiegato Federica Sallusto, dell’Istituto di ricerca in biomedicina -. Questi linfociti autoreattivi possono causare un’infiammazione che porta al danno neuronale o addirittura uccidere i neuroni che producono l’ipocretina. Bloccandoli nelle prime fasi, si potrebbe prevenire la progressione della malattia”.

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