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Disturbi di ansia e panico

Cos’è e come si manifesta un attacco di panico?

03/03/2020

L’attacco di panico è una crisi d’ansia acuta, che si manifesta all’improvviso con una sintomatologia fisica ed emotiva, spesso senza stimoli che giustifichino la comparsa dei sintomi. Provoca un malessere intenso, e, se gli attacchi si ripetono, la quotidianità di chi ne soffre può essere compromessa, rendendo difficili semplici attività che fino a quel momento non creavano problemi.

 

Ma cos’è un attacco di panico? Come si manifesta, e come si cura? Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Daniela Caldirola, psichiatra, specialista in disturbi d’ansia e panico in Humanitas San Pio X e ricercatore presso Humanitas University.    

 

Cos’è un attacco di panico?

L’attacco di panico è un fenomeno che si presenta in maniera improvvisa e inaspettata, senza una diretta causa scatenante: può avvenire dal parrucchiere, mentre si fa la spesa, in qualsiasi momento e luogo, senza alcun preavviso. È caratterizzato da numerosi sintomi fisici, spesso molto intensi, accompagnati dalla paura di morire, perdere il controllo o impazzire. I sintomi raggiungono il picco d’intensità nell’arco di alcuni minuti e poi si risolvono spontaneamente. In alcuni casi possono però essere più prolungati o lasciare strascichi di malessere nelle ore successive. Pur essendo un fenomeno innocuo e senza dirette conseguenze sulla salute fisica, la sintomatologia dell’attacco di panico può essere tanto acuta da indurre la persona che ne fa esperienza a pensare di essere sul punto di morire per una qualche grave causa medica.  

 

Quali sono i sintomi?

L’attacco di panico si presenta con svariati sintomi fisici, tra cui difficoltà respiratorie (sensazione di mancanza di fiato o soffocamento), che sono i sintomi più frequenti, palpitazioni/tachicardia, dolore o fastidio al petto, sudorazione, tremore, formicolii o sensazione di intorpidimento, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento, brividi o vampate di calore. 

Possono comparire anche sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di sentirsi distaccati da se stessi (depersonalizzazione). In genere durante un attacco di panico la persona prova un’intensa paura di morire o di perdere il controllo o impazzire. Il fatto che l’attacco di panico possa essere erroneamente confuso, specialmente se la persona non l’ha mai vissuto prima, con un una patologia medica acuta, come un infarto del miocardio, un’aritmia, una crisi respiratoria, un ictus cerebrale, aumenta ancor di più il senso di terrore e rischio incombente.

Tuttavia, sappiamo che un attacco di panico si dissolve con la stessa velocità con cui si manifesta: può durare pochi minuti, ma questo non significa che debba essere sottovalutato il suo impatto emotivo. Per chi ha un attacco di panico in corso, cinque-dieci minuti sono percepiti come un’eternità.

 

Quali sono le conseguenze di un attacco di panico?

L’attacco di panico è un fenomeno comune e di per sé innocuo. Si calcola che fino al 30% della popolazione può sperimentare in modo sporadico almeno un attacco di panico nella vita. In molti casi essi rimangono degli episodi isolati senza conseguenze, mentre in circa il 3%-4% della popolazione si sviluppa il vero e proprio Disturbo di Panico.

 

Questo disturbo è più comune nelle donne che negli uomini, con un rapporto di circa 2:1, e in genere insorge in età giovane adulta (20-30 anni). È una condizione clinica in cui gli attacchi si ripetono e chi ne soffre vive nel continuo timore che l’attacco possa ritornare, o che possa portare gravi conseguenze. Inoltre le persone affette hanno spesso sintomi fisici nella vita di tutti i giorni, anche al di fuori dell’attacco di panico, quali fatica a respirare, tachicardia, senso di instabilità, con un senso generale “di non essere in piena forma fisica”. 

 

Per questi motivi, la persona tende a modificare il proprio comportamento, per esempio sottoponendosi a ripetuti controlli medici nel timore di avere una malattia medica, o spesso limitando la propria libertà di movimento. Infatti la paura che i sintomi si manifestino in luoghi pubblici, in situazioni sociali, in luoghi chiusi, o, all’opposto, in spazi aperti, come centri commerciali, mezzi di trasporto, luoghi di lavoro, ascensori, strade/piazze, induce a evitare quei luoghi o quelle situazioni: pianificare e organizzare attività si fa sempre più difficile, la qualità della vita comincia sempre più a ridursi, la vita sociale, professionale e personale ne risulta invalidata. Se questa condizione è pervasiva, avremo un’agorafobia.    

 

Come comportarsi in caso di attacco di panico?

È importante ricordarsi che, per quanto l’attacco di panico sia estremamente sgradevole, è un fenomeno transitorio, che scompare spontaneamente, non è un’emergenza medica e non comporta rischi per la salute fisica. Tentare di tenerlo presente quando capita l’attacco può contribuire a spegnere il circolo vizioso della paura che poi amplifica l’attacco stesso. È chiaro però che l’attacco di panico sia una condizione di allarme per la persona, per cui scattano dei meccanismi automatici difensivi, come per esempio andare in iperventilazione, cioè tentare di aumentare l’apporto d’aria con una respirazione frequente e superficiale, in risposta alla sensazione di soffocamento e mancanza d’aria tipica del panico.

 

Questa reazione però non è utile e innesca la cosiddetta alcalosi respiratoria, cioè un insieme di reazioni fisiche capaci di produrre delle sensazioni spiacevoli quali tremori, formicolii, sensazione di sbandamento e tachicardia che a loro volta incrementano la paura e quindi l’iperventilazione stessa, con ulteriore potenziamento dell’attacco.

 

È importante bloccare la risposta del nostro organismo all’allarme. Per far ciò, subito dopo che è scattato l’attacco si può controllare la respirazione cercando di ristabilire un ritmo regolare (per esempio immaginando un metronomo o un pendolo).

Si può anche provare a respirare in un sacchetto di carta, manovra che permetterà di evitare l’alcalosi respiratoria e le sue conseguenze, anche in presenza di una respirazione frequente e superficiale, perché induce a respirare la nostra stessa aria e quindi evita un’eccessiva eliminazione di anidride carbonica.

 

L’utilizzo di ansiolitici benzodiazepinici all’inizio dell’attacco non è raccomandato poiché questi farmaci iniziano a funzionare non prima di 15-20 minuti, quando l’attacco nella maggioranza dei casi è già scomparso da solo. Si rischia di creare una dipendenza psicologica, associando l’assunzione del farmaco alla risoluzione dell’attacco, che invece si è risolto spontaneamente.  

 

Come “curare” gli attacchi di panico?

Se la persona ha attacchi ricorrenti e sviluppa il disturbo di panico, con o senza agorafobia, è consigliato effettuare un colloquio con uno specialista psichiatra per valutare l’opportunità di intraprendere un trattamento specifico per bloccare gli attacchi e recuperare una piena libertà e serenità di vita.

I trattamenti di prima scelta consigliati dalle linee guida internazionali comprendono terapie farmacologiche, basate soprattutto sull’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina, e la terapia psicologica di tipo cognitivo-comportamentale, e offrono ottimi risultati. 

 

In associazione a essi, è possibile migliorare la propria respirazione attraverso esercizi respiratori specifici, utili soprattutto per le persone con sintomi respiratori durante o al di fuori dell’attacco di panico, così come possono essere intrapresi programmi personalizzati di attività fisica o di miglioramento della postura e dell’equilibrio, utili per le persone con sintomi di instabilità o sbandamento. 

 

Come abbiamo proposto in un recente articolo scientifico, scritto “a quattro mani” da me e dal Prof. Giampaolo Perna e che è stato pubblicato su una rivista scientifica internazionale, l’approccio del nostro Centro presso Humanitas San Pio X è quello di adottare terapie personalizzate per i nostri pazienti con Disturbo di Panico.

 

Ciò significa selezionare per ciascuna persona il migliore trattamento possibile, o la combinazione di trattamenti, in base al suo profilo di sintomi, alle sue esigenze individuali, priorità e stile di vita, allo scopo di massimizzare i risultati della terapia e garantire un pieno recupero del proprio benessere.

 

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