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Apparato respiratorio

Ictus, le apnee del sonno associate al rischio di un secondo evento

07/03/2018

Per chi è stato colpito da un ictus la sindrome delle apnee notturne può rappresentare un fattore di rischio per un nuovo evento ischemico. I dati forniti da un progetto di ricerca sull’ictus (BASIC-Brain Attack Surveillance in Corpus Christi) della University of Michigan (USA) danno nuove indicazioni in questo senso. Le apnee notturne sono state associate a un maggior rischio di secondo ictus e di aumentata mortalità. Le conclusioni della ricerca, uno studio preliminare, sono state presentate al Congresso internazionale sull’ictus dell’American Stroke Association. Ne parliamo con la dottoressa Simona Marcheselli, responsabile dell’Unità operativa di Neurologia d’urgenza e Stroke Unit dell’ospedale Humanitas.

Lo studio

La ricerca è stata condotta su 842 individui con età media pari a 65 anni di cui il 47% di sesso femminile che avevano subito un ictus ischemico, causato dunque da un afflusso ridotto di sangue. La respirazione notturna di questi pazienti è stata monitorata con dei dispositivi portatili che hanno rilevato una media di quattordici pause totali o parziali nella respirazione per ogni ora di sonno. Il 63% dei partecipanti è stato identificato come un paziente con apnee del sonno (almeno dieci pause della respirazione ogni ora).

La popolazione è stata seguita in media per 584 giorni. Al termine della ricerca è emerso che il 10,7% dei partecipanti aveva subito un secondo ictus, poco meno del 15% con esito mortale. Inoltre è emersa un’associazione tra ogni pausa in più nella respirazione per ora di sonno e un rischio maggiore del 9% di secondo ictus o di mortalità.

Poco meno del 60% degli individui coinvolti era di origine messicana (il progetto BASIC si concentra in particolare su questo gruppo di individui, il maggior segmento della popolazione ispano-americana degli USA). Per questi soggetti il rischio di secondo ictus o di mortalità è risultato maggiore di 1,7 volte.

Apnee notturne e rischio cardiovascolare

La sindrome delle apnee notturne è un disturbo respiratorio del sonno caratterizzato da una respirazione interrotta per alcuni secondi, diverse volte ogni ora di sonno, per via dell’ostruzione, parziale o totale, delle vie aeree superiori. Diverse evidenze scientifiche hanno associato questa sindrome a un profilo di rischio cardio-cerebrovascolare: «C’è una forte correlazione, nota da tempo, tra le apnee del sonno e l’ipertensione e soprattutto l’aritmia cardiaca, due importanti fattori di rischio dell’ictus», ricorda la dottoressa Marcheselli. «Ecco perché la sindrome delle apnee notturne può anche avere un impatto negativo sul recupero post ictus, aggravare il danno provocato dall’ictus stesso e aumentare il rischio di recidiva».

A proposito di recidiva, la prevenzione di un secondo ictus si fa evitando o correggendo tutti i fattori di rischio cardiocerebrovascolare come fumo di sigaretta, ipertensione, ipercolesterolemia, peso corporeo in eccesso, diabete, fibrillazione atriale. «Alcuni di questi sono gli elementi che compongono il quadro della sindrome metabolica cui spesso si associa la sindrome delle apnee notturne e che vanno controllati. Nel caso dovesse sorgere un nuovo evento ischemico o non è stata fatta un’adeguata prevenzione su questo fronte oppure potrebbe esserci stata una causa diversa anche legata alla terapia definita dopo il primo ictus», conclude la dottoressa Marcheselli.

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