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Svenimento, perché succede?

22/09/2020

Molte persone hanno avuto, almeno una volta nella loro vita, la sensazione di perdere i sensi, sentirsi “molli” e stare per svenire.

Più che svenimento, bisognerebbe parlare di “sincope”.

Insieme al professor Raffaello Furlan, Responsabile dell’Unità Operativa Clinica Medica e dell’Unità Sincopi di Humanitas, scopriamo come si manifestano le sincopi e cosa fare quando ci accorgiamo che stanno arrivando.

Cos’è la sincope?

La sincope è una perdita transitoria di coscienza caratterizzata dalla perdita di tono posturale, che il più delle volte produce una caduta a terra. Nella gran parte dei casi si tratta di un evento benigno, più frequente nelle donne giovani, tra i 15 e i 35 anni.

Durante la sincope il soggetto non ha interazione con il mondo esterno: l’episodio può durare da pochi secondi fino a circa un minuto, e prevede la ripresa spontaneamente di coscienza. 

Quando colpiscono dopo i sessant’anni, le sincopi tendono a non essere benigne (vasovagali), ma sono più spesso associate a patologie cardiovascolari o  neurologiche e possono essere la prima espressione di un disturbo che può anche essere fatale come l’infarto miocardico, la dissecazione aortica o l’embolia polmonare.

Quali sono le cause della sincope?

La sincope è un sintomo finale comune a tante patologie, e riflette nella sua forma vasovagale un’alterazione transitoria del controllo nervoso cardiovascolare.

Due terzi delle sincopi sono vasovagali benigne. 

È importante ricordare che la sincope è una complicanza frequente di disordini neurodegenerativi come la malattia di Parkinson. 

Le sincopi sono pericolose?

Le sincopi, anche quelle benigne vasovagali, possono essere pericolose perché, provocando nella maggior parte dei casi una caduta, espongono il soggetto al rischio di traumi maggiori o fratture. Questo aspetto è particolarmente importante nell’anziano. 

Nel caso frequente in cui la sincope è preceduta da sintomi (cosiddetti pre-sincopali) il riconoscimento degli stessi e la pronta adozione della posizione seduta o sdraiata, eventualmente alzando le gambe, consentono di interrompere la sincope, senza la perdita appunto di coscienza. 

Inoltre, quando si avvertono i primi sintomi pre-sincopali (vertigine, sensazione di testa improvvisamente vuota, visione a tunnel, nausea, sudorazione profusa e pallore intenso) si possono mettere in atto manovre fisiche, cosiddette di contropressione, tra le quali: incrociare braccia e gambe contraendo la muscolatura o accavallare le gambe. 

In questo modo si è in grado di far partire dai muscoli contratti volontariamente dei riflessi nervosi che hanno un significato funzionale eccitatorio cioè generano un aumento riflesso della pressione arteriosa. In tal modo i sintomi si affievoliscono o scompaiono, lasciandoci il tempo di sederci. 

Sindrome della Tachicardia Posturale Ortostatica

All’inizio del 2020 il professor Furlan ha vinto un finanziamento da parte della Dysautonomia International, un’organizzazione no profit statunitense, con la quale ha iniziato uno studio su una sindrome di cui, finora, si sa pochissimo, e che riguarda in particolar modo le donne tra i 16 e i 35/40 anni: è la POTS, la Sindrome della Tachicardia Posturale Ortostatica.

La POTS è una disautonomia che si manifesta con una tachicardia eccessiva quando si sta in piedi. Altri sintomi di accompagnamento sono la stanchezza, i dolori muscolari, il dolore toracico, le sincopi.

È una patologia altamente debilitante: chi ne soffre ha la sensazione di avere la “nebbia in testa” (in America hanno coniato l’espressione ‘foggy brain’), ha problemi di concentrazione, non riesce a stare in piedi per via del cardiopalmo e della stanchezza e rischia di disabituarsi agli effetti della forza di gravità. Meno si sta in piedi, tuttavia, più la sindrome peggiora, e si crea un circolo vizioso che può abbassare notevolmente la qualità della vita con alcuni soggetti che possono finire su una sedia a rotelle. 

La POTS sembra seguire un episodio infettivo (batterico o virale) significativo: un’influenza particolarmente forte, una mononucleosi, una gastroenterite.

Lo studio del professor Furlan

Lo studio punta a utilizzare stimolatori elettrici transcutanei alimentati a batteria che applicati all’orecchio destro del paziente generano una stimolazione delle afferenze nervose vagali che a loro volta producono un incremento di attività vagale che arriva al cuore diminuendo la frequenza cardiaca.

L’obiettivo è quello di ribilanciare la modulazione simpatovagale sul cuore, generando un aumento di attività vagale, così da poter controllare, almeno in parte, la tachicardia che caratterizza la malattia.

A sua volta questo consente una maggiore aderenza ai processi riabilitativi posturali che vengono talora interrotti dai pazienti perché spaventati dalla entità della tachicardia posturale che si genera in questa malattia. 

 

 

 

 

 

 

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