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Endocrinologia

Tiroidite di Hashimoto, anche la familiarità è un fattore di rischio?

21/08/2017

Come altri tessuti anche la tiroide può essere colpita da una malattia autoimmune. È il caso della tiroidite di Hashimoto, nota anche come tiroidite cronica linfocitaria. Questa patologia è la causa più comune di ipotiroidismo e di gozzo negli adulti. Quali sono i suoi fattori di rischio? Ne parliamo con il professor Andrea Lania, docente di Endocrinologia presso Humanitas University e responsabile dell’Unità Operativa di Endocrinologia di Humanitas.

La tiroidite di Hashimoto può insorgere a qualsiasi età ma colpisce prevalentemente i soggetti adulti, in particolare le donne di mezza età (con un’incidenza di 3.5 casi per 1000 abitanti contro gli 0.8 casi per mille registrati nel sesso maschile), mentre è molto rara nei bambini. Le cause alla base della “aggressione” del sistema immunitario nei confronti dei tessuti ghiandolari sono sconosciute. Il risultato, invece, è chiaro: la tiroide comincia a produrre una quantità ridotta di ormoni tiroidei.

(Per approfondire leggi qui: Tiroide, come accorgersi della presenza di un nodulo?)

«Va tuttavia sottolineato – spiega il professor Lania – come sia necessaria la distruzione del 90% della ghiandola perché si manifesti una condizione di ipotiroidismo franco. La diagnosi si basa sul riscontro di una positività per gli anticorpi anti tiroide (anticorpi anti tireoglobulina e anti tireoperossidasi) e/o di un quadro ecografico tiroideo caratterizzato da una ghiandola ipoecogena, di dimensioni aumentate e di aspetto disomogeneo».

«Va inoltre ricordato che la tiroidite di Hashimoto possa associarsi, in alcuni pazienti, ad altre patologie autoimmuni endocrinologiche (quali per esempio il diabete tipo 1, l’iposurrenalismo I° o malattia di Addison) e non (quali la celiachia o la vitiligine)».

Anche la familiarità è un fattore di rischio alla base della tiroidite di Hashimoto

«Nel caso di un soggetto con familiarità nota per tireopatie autoimmuni sarà sufficiente valutare l’integrità della funzione tiroidea, l’assenza degli anticorpi anti tiroide e la normalità del quadro ecografico. In questi casi non sarà necessario procedere ad ulteriori accertamenti a meno che non si manifestino nel tempo segni o sintomi riconducibili ad una condizione di ipofunzione tiroidea (quali, per esempio, facile stancabilità, difficoltà di concentrazione, stipsi, intolleranza al freddo)», ricorda lo specialista.

«Nel caso in cui il quadro ecografico o la positività per gli anticorpi anti tiroide portino alla diagnosi di tiroidite di Hashimoto, sarà sufficiente il controllo annuale dei livelli circolanti di TSH (l’ormone che stimola la tiroide), controllo da anticipare in caso di gravidanza o alla comparsa di sintomi riconducibili ad una alterata funzione tiroidea».

In cosa consiste il trattamento della tiroidite di Hashimoto?

«La tiroidite di Hashimoto di per sé non richiede alcun trattamento specifico almeno fintanto che la funzione tiroidea non risulti nella norma. La terapia sostitutiva con la L-tiroxina è indicata nei pazienti con ipotiroidismo franco, nei pazienti con ipotiroidismo subclinico con TSH superiore a 10 U/L o nelle pazienti con ipotiroidismo subclinico in corso di gravidanza o in previsione di una gravidanza», conclude il professor Lania.

(Per approfondire leggi qui: Tiroide, se funziona bene nessun rischio dalla soia)

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