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Anche il DNA “decide” quando si diventa genitori?

08/11/2016

Il momento in cui una persona diventa genitore e quanti figli avrà nel corso della vita sarebbero anche una questione genetica. Una ricerca della University of Oxford (Gran Bretagna) e di altri istituti ha individuato 12 aree del DNA associate all’età in cui si diventa madre o padre per la prima volta e al numero di figli. Lo studio internazionale, che vede come co-autori più di 250 fra sociologi, biologi e genetisti, è stato pubblicato su Nature Genetics.

I ricercatori hanno analizzato 62 database relativi a oltre 238mila fra uomini e donne per quanto riguarda l’età del primo figlio e a poco meno di 330mila per il numero di figli. Naturalmente gli autori dello studio mettono in evidenza come sui comportamenti riproduttivi pesino scelte personali, fattori ambientali e sociali. Ma questi eventi avrebbero anche una base biologica.

(Per approfondire leggi qui: Un figlio ringiovanisce. La scienza lo conferma)

Il team ha scoperto ad esempio che le donne con varianti del DNA associate a una genitorialità ritardata avessero anche pezzi di DNA associati a menarca e menopausa tardivi. O ancora come le varianti di DNA associate all’età in cui si diventa genitori fossero correlate anche ad altre caratteristiche che marcano lo sviluppo sessuale e riproduttivo, come la prima mestruazione o il cambiamento della voce negli uomini.

Sul comportamento riproduttivo pesano comunque l’ambiente e le scelte individuali

Le varianti genetiche delle 12 aree di DNA identificate dallo studio predicono però meno dell’1% del comportamento riproduttivo. Numeri estremamente piccoli, dicono i ricercatori, ma se queste varianti fossero combinate si potrebbero predire le probabilità di una donna di non diventare madre.

Lo studio ha anche scoperto i 24 geni che sarebbero responsabili degli effetti delle 12 varianti di DNA sulla salute riproduttiva. L’attività di alcuni di questi è già nota per influenzare l’infertilità.

«Pur avendo a disposizione questi dati, le possibilità di predire il comportamento riproduttivo restano comunque modeste», sottolinea il dottor Paolo Vezzoni, ricercatore del CNR e direttore del Laboratorio di Biotecnologie Mediche dell’ospedale Humanitas. «Lo studio indubbiamente si qualifica come un’importante ricerca, scientificamente molto valida, che ha “scannerizzato” tutto il genoma associando particolari fenotipi a delle varianti geniche come altre centinaia di studi hanno fatto di recente. Ma un conto è associare il DNA a tratti come il colore dei capelli altro è “prevedere” il comportamento riproduttivo».

(Per approfondire leggi qui: L’istinto materno al giorno d’oggi: mito o realtà?)

Basta guardare ai trend della natalità in Italia negli ultimi decenni, dice lo specialista: «Nel nostro Paese l’età in cui le donne diventano madri è aumentata rispetto a 40-50 anni fa, mentre il numero di figli per coppia è diminuito. Ma 50 anni sono una finestra temporale irrisoria per poter interpretare queste tendenze alla luce delle leggi della genetica. A pesare sono sicuramente l’ambiente, il contesto sociale nel quale si vive e le scelte individuali su quando diventare genitori e per quante volte. In definitiva, la genetica non riesce a spiegare molto quando si sposta l’attenzione sull’analisi dei comportamenti, ovvero su temi estremamente complessi», conclude lo specialista.

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