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Aids, scoperto il “nascondiglio” del virus Hiv

03/03/2015

Un gruppo di ricercatori dell’Icgeb di Trieste ha individuato il punto preciso in cui il virus dell’Hiv-1 – responsabile dell’AIDS – penetra nelle cellule del corpo umano. Secondo i risultati della ricerca pubblicata sulla rivista Nature, il virus integra il proprio Dna vicino al “guscio” esterno che delimita il nucleo, in corrispondenza delle strutture del cosiddetto “poro nucleare” da cui il virus ha avuto accesso all’interno.

È il dottor Domenico Mavilio, ricercatore e responsabile del Laboratorio di Immunologia Clinica e sperimentale di Humanitas, a illustrare il contenuto di questo studio.

«Quando si contrae l’infezione – spiega Il dottor Mavilio – il virus colpisce in particolare i linfociti T CD4+, che sono cellule presenti sia nel sangue, sia nei tessuti e indispensabili perché si sviluppi una corretta ed efficace risposta del sistema immunitario contro patogeni esterni. Il virus si fonde nel nucleo di queste cellule bersaglio inserendo il proprio materiale genetico allo scopo di replicarsi e infettare altre cellule. Ignoto era il motivo per cui il virus sceglie solo alcuni tra gli oltre 20mila geni per integrarsi nel genoma delle cellule parassitate. Quest’importante scoperta ha rivelato che il virus integra il proprio DNA proprio vicino alla membrana che delimita il nucleo del linfocita, in prossimità del poro da cui lo stesso HIV-1 è entrato proveniente dal citoplasma dove ha retrotrascritto il suo RNA in DNA. Quindi, invece di puntare al centro del nucleo dove sarebbe più visibile, il virus si nasconde sotto il guscio nucleare e usa la cromatina della cellula ospite per replicarsi solo in quel punto e non altrove. La scelta della posizione precisa dove integrarsi all’interno del nucleo da parte del virus non è certamente casuale, ma rappresenta un meccanismo di “drug escape” con cui HIV-1 si maschera e sfugge all’azione antiretrovirale dei farmaci attualmente in uso», continua il dottor Mavilio.

 Il virus dell’Hiv-1, difficile da individuare

Il virus dell’Hiv-1 è noto per la sua alta propensione a mutare velocemente e questa sua proprietà ha reso difficile l’individuazione di un vaccino efficace contro l’infezione da Hiv-1.

«Questa scoperta – avverte il dottor Mavilio – permetterà di sviluppare nuovi approcci terapeutici che possano andare a “stanare” il virus e bloccare la sua replicazione proprio in queste sedi nucleari della cellula ospite ora nascoste alla terapia convenzionale». Secondo gli ultimi dati diffusi dalle Nazioni Unite, dall’inizio dell’epidemia, circa 78 milioni di persone hanno contratto il virus. Nel 2013 sono state stimate circa 35 milioni di persone che convivono quotidianamente con il virus, mentre sono state 1,5 milioni le morti per cause correlate all’Aids.

Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori dell’International center for genetic engineering and biotechnology di Trieste coordinato dal professor Mauro Giacca, in collaborazione con le università di Trieste e Modena e il Genethon di Parigi.

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