Sushi: la salute a tavola parla giapponese. È ormai da qualche anno che il nostro vocabolario italiano si è arricchito di nuove parole venute dall’Oriente: ci stiamo riferendo a termini propri della cucina nipponica, il sushi ed il sashimi.
La moda esplosa di recente ha portato accanto ai ristoranti esclusivi con qualità altissima delle materie prime una serie di numerosi locali per le strade cittadine e nelle corsie dei supermercati che hanno contribuito a introdurre questi piccoli assaggi di pesce crudo, accompagnati dall’immancabile riso bianco sulle tavoli degli Italiani.
Al di là dei gusti personali e delle inclinazioni a consumare cibi etnici, quanto è sano e consigliato per la nostra salute integrare il sushi (e le sue mille varianti) nella dieta mediterranea?
Lo chiediamo alla dottoressa Elisabetta Macorsini, biologa nutrizionista di Humanitas Medical Care.
“Che siano futomaki, hosomaki, temaki o uramaki, si tratta di un alimento con un bilancio equilibrato dei macronutrienti: sono presenti infatti i carboidrati del riso, le proteine e gli omega 3 del pesce, le fibre ed i minerali (iodio, magnesio, calcio e ferro) dell’alga nori. I condimenti di accompagnamento, come il wasabi, lo zenzero e salsa di soia, aggiungono numerosi elementi nutritivi tra cui antiossidanti (gli isotiocianati), vitamine e sali minerali in quantità e danno sapore con un apporto calorico molto basso. Per queste ragioni, è assolutamente accettabile e coerente integrare nella nostra dieta mediterranea, qualche sfizio orientale, nel pieno rispetto di linea e salute. Attenzione però alle varianti e agli influssi delle altre cucine: nei ristoranti fusion il sushi viene spesso elaborato e arricchito da tanti altri ingredienti e condimenti, come salse, maionese, formaggio, frutta secca e persino foie gras, con un deciso guadagno di originalità, aspetto e sapori, ma anche di calorie.”
Buono sì, a patto che il pesce abbia subito un corretto processo di “abbattimento.”
La mancanza di cottura, caratteristica propria del sushi e del sashimi, potrebbe però fare storcere il naso a molti: in realtà, lo svisceramento e l’abbattimento del pesce a temperature che al di sotto dei -20°C e per almeno 24 ore sono in grado di contrastare la maggior parte dei batteri e di neutralizzare il pericoloso anisakis, assicurando così piena sicurezza al piatto più chic degli ultimi anni.
Armatevi di bacchette e buon appetito…