Il vero e proprio problema arriva con la cosiddetta sindrome del “nido vuoto”. Ma già prima, quando i figli arrivano all’età dell’adolescenza, per molte mamme è difficile accettare di non essere più così indispensabili. Da regine della casa, sempre richieste e desiderate, alcune donne si sentono sole e dimenticate e affrontano un periodo di forte crisi di identità. Come affrontare la crescita del proprio figlio? Ne parliamo con Agnese Rossi, psicoterapeuta di Humanitas.
Come gestire la mancanza?
La gestione dei figli diventa meno difficile da un punto di vista fisico, perché non è più necessario accudirli in ogni momento, ma i rapporti si complicano. L’adolescenza in famiglia è un uragano emotivo che può toccare sia figli che genitori. Di solito è tempo di liti e contestazioni. I ragazzi vogliono più spazi e i genitori fanno fatica a concederli. D’altra parte per gli adolescenti il distacco dai genitori rappresenta una fase indispensabile e preziosa del loro sviluppo personale. Questo distacco può assumere a volte l’aspetto di un rifiuto, soprattutto se il legame instaurato durante l’infanzia è molto profondo.
Non è raro che alcune madri interpretino questo desiderio di indipendenza, che non è segno di ingratitudine ma espressione dello spirito vitale che serve ai giovani a trovare la propria individualità, come un castigo immeritato. O un tentativo di delegittimare loro come donne. In realtà la sicurezza e l’indipendenza emotiva dei figli sono la miglior prova del buon lavoro fatto dai genitori.
Questo distacco necessario è destabilizzante, ma allo stesso tempo carico di promesse: questo infatti è il periodo tanto atteso in cui la donna può riprendersi i suoi spazi, coltivando i propri interessi, ritrovando la complicità con il partner.
Un nuovo stile di vita
La tradizionale consacrazione della donna alla famiglia implicava la rinuncia alla realizzazione lavorativa e all’indipendenza economica. Oggi per la maggior parte delle donne non è più così e la necessità di rimanere competitive sul lavoro le ha rese in grado di capire che mantenere un ruolo sociale, accanto a quello famigliare, è molto importante anche in vista di questa fase successiva: la crescita dei figli.
“Inoltre questo momento della vita è tempo di bilanci, relativi alla realizzazione delle proprie aspirazioni e agli obiettivi raggiunti, ma anche la possibilità di investire nuove risorse, talvolta arricchite dalle esperienze accumulate negli anni, con meno incombenze familiari e con la possibilità di vivere appieno e apprezzare il proprio tempo in modo meno frenetico e più creativo – ha commentato la psicoterapeuta -. Con i figli più autonomi, si riduce anche la funzione materna nel ruolo accudente, lasciando maggiori e nuove possibilità di reinvestire nella vita di coppia, creando nuove modalità comunicative e la condivisione di interessi, dopo anni centrati sulla genitorialità e sulla gestione della famiglia”.
Menopausa: crisi o rinascita?
L’altro aspetto psicologicamente delicato per le madri di figli ormai adolescenti rappresenta l’avvicinarsi della menopausa. Ci si trova così ad affrontare due cambiamenti importanti, rischiando una crisi profonda.
“Nella nostra società la femminilità coincide talvolta con la fertilità, attribuendo così alla menopausa il significato di sindrome (insieme di sintomi patologici) da subire, temere e curare, aspetti accentuati dalla nostra cultura che tende a medicalizzare ogni cambiamento, rendendolo appunto un “sintomo” – ha spiegato Rossi -. Per questo è importante essere consapevoli che la menopausa è un intreccio tra fattori fisiologici e sociali. Comporta sì un cambiamento ormonale e fisico, talvolta complesso da gestire, ma questa fase della vita assume molti significati individuali e sociali che ne influenzano l’accettazione e la gestione attiva, in cui possiamo essere protagoniste consapevoli e creative di questi cambiamenti, se non vengono percepiti soltanto come mancanza o squilibrio ormonale, come veniva definita negli anni ‘60″.
“Solo un’attenzione consapevole alle emozioni può aiutare le donne a non confondere il mondo delle sensazioni interne con la realtà esterna, in particolare al giudizio degli altri (ma in realtà è soprattutto nostro) sul nostro aspetto fisico che cambia di nuovo e ci richiede un ulteriore adattamento – ha concluso la psicoterapeuta di Humanitas -. Emozioni che sono da ascoltare a fondo, senza reprimerle, attraverso i segnali che ci invia il nostro corpo: impariamo ad abitare noi stesse e la nostra corporeità, a dare valore alla nostra unicità, a riscoprire le nostre qualità, i nostri desideri, le nostre risorse, condividendole con il partner e con le amicizie più vere.
Raggiunta la prima età adulta dei ragazzi, in genere poi il dialogo con i figli diventa più facile perché i punti di vista si avvicinano. Per questo è consigliabile esercitare la pazienza e non lasciarsi travolgere dalla violenza del conflitto, infliggendosi a vicenda delle ferite che talvolta possono lasciare distanze profonde”.