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Osteoporosi, le informazioni sul web possono supportare i pazienti nella terapia

03/01/2018

L’informazione su salute e benessere passa ormai anche dal web. E proprio “dottor Google” potrebbe rappresentare uno strumento utile per orientare il trattamento delle patologie. Ad esempio dell’osteoporosi, come suggerisce una ricerca realizzata dalla Yale University di New Haven (USA) e presentata all’ultimo congresso dell’American College of Rheumatology. Avere la possibilità di accedere a testimonianze significative sulla terapia delle malattie reumatiche potrebbe incrementare la disponibilità dei pazienti ad assumere i farmaci. Ne parliamo con il professor Carlo Selmi, Responsabile di Reumatologia e Immunologia Clinica di Humanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano.

Informarsi sul web

Dai canali istituzionali ai media tradizionali fino ai social network sono ormai diverse le fonti per l’informazione online relativa a salute e benessere. Da una recente indagine del Censis è emerso che, in caso di disturbi di lieve entità come ad esempio il raffreddore, sono quindici milioni gli italiani che cercano su Internet notizie, dati e suggerimenti su questi disturbi. Il medico, in oltre la metà dei casi, e il farmacista, per una percentuale inferiore, restano comunque le figure di riferimento per ricevere informazioni su sintomi e terapie.

Sempre secondo il Censis è chiaro come informarsi sul web possa avere anche dei risvolti negativi. Ad esempio 8,8 milioni sono stati vittime di fake news nel corso dell’anno e 3,5 milioni di genitori si sono imbattuti in indicazioni mediche scorrette. Se usato correttamente, però, anche quanto letto online può risultare utile ai pazienti per la cura della propria salute, come sembra indicare la ricerca in oggetto.

Lo studio

I ricercatori dell’università statunitense hanno coinvolto 276 pazienti affetti da osteoporosi o osteopenia, una condizione caratterizzata dalla riduzione della massa ossea ma a un grado inferiore a quello associato alla diagnosi di osteoporosi. L’età media degli individui era di 59 anni, con la maggioranza – oltre il 60% – composta da donne. In questi pazienti, trattandosi di una condizione asintomatica, si è osservato che spesso le terapie vengono assunte in modo molto inferiore a quanto prescritto e spesso abbandonate precocemente.

I partecipanti sono stati assegnati a due gruppi ai quali è stata data la possibilità di leggere degli articoli con delle testimonianze relative all’uso dei farmaci per il trattamento di queste due malattie delle ossa. Tra i due gruppi gli articoli differivano per la successione di icone, grafici e testi. Gli articoli, consultabili attraverso dei link ipertestuali, erano stati inoltre precedentemente valutati con un punteggio da uno a cinque: sopra il tre erano considerati articoli positivi.

I risultati

Dall’analisi dei dati i ricercatori hanno visto che le testimonianze contenute negli articoli valutati positivamente avevano una significativa influenza sulle decisioni dei pazienti riuscendo a orientare la loro disponibilità ad assumere i farmaci. La stessa relazione non è emersa con gli articoli valutati negativamente. Questi risultati – concludono i ricercatori – sostengono l’opportunità di valutare l’impatto di testimonianze basate su evidenze scientifiche come strumento per il supporto decisionale dei pazienti. Da parte del medico, la disponibilità a discutere ed eventualmente confermare o confutare quanto riscontrato dai pazienti in Rete è già oggi parte integrante della gestione clinica.

 

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