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L’inquinamento acustico può aumentare la mortalità?

21/10/2016

Il rumore del traffico può contribuire ad aumentare la mortalità? È la domanda alla base dello studio condotto da un team di scienziati provenienti da diversi centri di ricerca tra cui la Technische Universität di Dresda (Germania), pubblicata di recente sulla rivista scientifica Deutsches Ärzteblatt International. La risposta potrebbe essere positiva: particolarmente a rischio sarebbe la salute cardiovascolare di chi vive in aree in cui l’inquinamento acustico è piuttosto elevato.

Lo studio è stato condotto su poco meno di 20mila persone della regione metropolitana tedesca del Reno-Meno che sono stati colpiti da infarto del miocardio tra il 2006 e il 2010. Questa popolazione è stata messa a confronto con un gruppo di controllo di oltre 834mila persone. Dall’analisi dei dati, considerando l’esposizione a inquinamento acustico dovuto a traffico veicolare su strada, ferroviario o aereo, è emersa un’associazione tra questa e un maggior rischio di infarto del miocardio (sebbene poco marcata).

Dietro questa correlazione ci sarebbe lo stress psicofisico scatenato dall’inquinamento acustico, spiega uno dei ricercatori. L’attivazione del sistema nervoso simpatico assieme a quella dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene sarebbero coinvolte in questa correlazione. L’inquinamento acustico si configurerebbe come fattore di rischio non solo per l’insorgenza ma anche per il decorso di un infarto.

È possibile che l’inquinamento acustico possa aumentare la mortalità?

«È noto che l’eccessivo e prolungato rumore sia un fattore di stress psicofisico e quindi si possano avere ripercussioni anche a carico del sistema cardiaco», dice il dottor Luca Malvezzi, otorinolaringoiatra e specialista in chirurgia cervico facciale dell’ospedale Humanitas.

«Tuttavia – continua – nel nostro modello di società caratterizzata da un carico di stimoli, non solo uditivi, ma sensoriali in generale, il rischio si può determinare anche per la nostra incolumità. Infatti il carico eccessivo di informazioni può ripercuotersi sul funzionamento cerebrale rischiando di mandarlo in tilt. Tradotto nella vita reale il rischio di sovraccarico cerebrale significa una ridotta soglia di attenzione e un potenziale pericolo per la nostra incolumità in alcune situazioni».

(Per approfondire leggi qui: Udito, concerti ad alto volume? Stop ai decibel con i tappi per orecchie)

«Pensate cosa può accadere, ad esempio, camminando per strada con la musica nelle orecchie (anche a volume normale) e lo sguardo concentrato sullo schermo di uno smartphone. Il carico cerebrale eccessivo potrebbe determinare una “inattentional deafness”, ovvero una sorta di sordità non intenzionale, che potrebbe portarci a non percepire un treno, un bus o un auto in avvicinamento. Non più tardi di un anno fa, un ulteriore allerta all’utilizzo sempre più invadente nelle nostre vite da parte dello smartphone è arrivato dall’Institute of Cognitive Neuroscience di Londra, per sensibilizzarci sulle possibili turbe di attenzione, apprendimento e concentrazione secondarie allo smodato uso dei nostri inseparabili compagni tascabili».

Al di là dello studio, quali altri rischi comporta l’esposizione a inquinamento acustico?

«Indubbiamente un carico eccessivo e prolungato nel tempo ha come conseguenza un logorio del nostro apparato uditivo, che per altro perde già fisiologicamente di efficienza sulle frequenze più acute a partire dai 20 anni. In età più avanzata ci si potrebbe ritrovare in una situazione di difficoltà nella percezione dei suoni più acuti, dal trillo del telefono al suono dei violini alla percezioni di voce femminili, oppure in imbarazzo per aver mancato la comprensione di alcune parole negli ambienti più rumorosi», risponde in conclusione lo specialista.

(Per approfondire leggi qui: Quando l’orecchio ti parla: diversi sintomi per diversi disturbi)

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