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Linfoma non Hodgkin, autorizzata negli Stati Uniti una terapia genica

23/01/2018

Novità per il trattamento del linfoma non-Hodgkin (LNH) negli Stati Uniti. La FDA, Food and Drug Administration, l’autorità locale di regolazione del settore farmaceutico, ha autorizzato una nuova forma di terapia genica per trattare i pazienti adulti affetti da LNH Diffuso a Grandi Cellule B (DLBCL). La terapia approvata si basa sull’uso di linfociti T geneticamente modificati mediante un recettore chimerico (CAR) che bersaglia i linfociti CD19 dei DLBCL. Questa è la prima terapia genica approvata per i DLBCL: «Si tratta del linfoma più diffuso nei Paesi occidentali. È molto aggressivo e si sviluppa in età adulta. Con la chemioterapia convenzionale di prima linea (R-CHOP) guarisce circa il 60% dei pazienti mentre il rimanente 40% dei pazienti è refrattario alla terapia con R-CHOP o ricade dopo questa terapia. Dunque, i pazienti con DLBCL hanno bisogno di nuove terapie per poter guarire», ricorda il professor Carmelo Carlo-Stella, Capo sezione di Ematologia di Humanitas.

I possibili destinatari del trattamento con linfociti CAR-T anti-CD19 hanno un linfoma DLBCL e presentano alcune condizioni: «Sono refrattari alla terapia di prima linea, ovvero non hanno risposto ad almeno due precedenti trattamenti o, dopo una risposta iniziale, hanno avuto una recidiva di malattia», aggiunge lo specialista.

Il sistema immunitario contro il linfoma

Quella autorizzata negli Stati Uniti è una forma di trattamento che sfrutta l’azione delle cellule immunitarie del paziente per aggredire il linfoma: «I linfociti T del paziente con DLBCL vengono prelevati e successivamente modificati con l’inserimento di un recettore chimerico che permette ai linfociti T di riconoscere l’antigene CD19 presente sulle cellule tumorali e poi di aggredirle». Questi linfociti preparati in laboratorio vengono reinfusi nei pazienti con DLBCL refrattario.

L’approvazione della terapia con cellule CAR-T si basa su un trial clinico multicentrico eseguito su oltre 100 pazienti adulti con DLBCL. In questa sperimentazione, il tasso di remissione completa dei pazidenti trattati con linfociti CAR-T anti-CD19 è stato del 54%: «La terapia è estremamente efficace tuttavia la remissione, seppur completa, ha durata limitata e dunque nella maggior parte dei pazienti non è risolutiva».

Le controindicazioni

Il trattamento appena autorizzato negli Stati Uniti può inoltre causare gravi effetti collaterali talora letali. Tra questi c’è la “sindrome da rilascio di citochine”, una risposta sistemica dell’organismo all’attivazione e alla proliferazione delle cellule geneticamente modificate che causa febbre alta e sintomi influenzali, ma anche tossicità neurologiche e gravi infezioni: «Alla luce di questi rischi l’autorizzazione del trattamento ha previsto che gli ospedali che potranno eseguirlo siano certificati e il loro personale sia altamente specializzato e formato per riconoscere e gestire gli effetti collaterali».

Questa terapia rappresenta certamente un traguardo importante nella lotta contro i linfomi refrattari: «Nei prossimi mesi sarà fondamentale capire quanto dura la remissione completa e in quanti pazienti la remissione completa induce guarigione. Infatti, in molti pazienti che vanno in remissione completa la malattia si ripresenta. Bisognerà capire se i linfociti CAR-T vanno associati ad altre forme di immunoterapia, come il trapianto allogenico. Sarà anche importante controllare a lungo termine i pazienti trattati con linfociti CAR-T per essere sicuri che non sviluppino tumori secondari o altri gravi affetti collaterali», conclude il professor Carlo-Stella.

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