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Cuore e sistema cardiovascolare

Infarto, guardare al grasso intorno alle coronarie per valutare il rischio?

02/08/2017

Il grasso che circonda le coronarie come possibile marcatore del rischio di infarto. Una tecnica diagnostica allo studio sarebbe in grado di identificare i pazienti più esposti al rischio di attacco cardiaco guardando al grasso e all’infiammazione delle arterie. È quanto illustra una ricerca della University of Oxford (Regno Unito), «ancora molto sperimentale, che ha indagato le potenzialità di un esame non invasivo per valutare il rischio di infarto», spiega il dottor Giulio Stefanini, ricercatore universitario in Cardiologia di Humanitas University. «Le informazioni ottenibili da questo esame potrebbero, un domani, essere integrate con quelle dei nuovi biomarcatori allo studio anche nei laboratori di Humanitas».

(Per approfondire leggi qui: Cuore, diamo i numeri: prevenzione cardiovascolare e fattori di rischio)

L’aterosclerosi, ovvero la formazione di depositi sulle pareti delle arterie che restringono il loro lume, è la causa principale dell’infarto. Gli esami diagnostici oggi disponibili non sono però in grado di capire quando queste placche sono pronte a “instabilizzarsi”: «Con la TAC coronarica senza contrasto si ha una valutazione delle calcificazioni all’interno dei vasi mentre con il contrasto si ottiene il profilo delle coronarie. In ogni caso questo esame non ci dice quali placche sono più infiammate e a maggior rischio di rottura».

L’obiettivo della ricerca è invece quello di identificare i pazienti a rischio con le arterie interessate da un iniziale processo di aterosclerosi. Su questo hanno lavorato i ricercatori con lo studio pubblicato su Science Traslational Medicine. Il team di è concentrato sulla “comunicazione” tra le arterie coronariche e il grasso che le circonda: «I ricercatori hanno proposto di valutare con una TAC il grasso intorno alle arterie le cui caratteristiche sarebbero associate all’infiammazione e quindi al rischio di rottura», spiega il dottor Stefanini.

Allo studio anche altri marcatori del rischio cardiovascolare

Naturalmente sono necessari ulteriori studi prima di poter pensare a un impiego nella pratica clinica di questo esame, ma la strada è comunque stata aperta. «Diversi ricercatori hanno cercato di mettere a punto un imaging diagnostico di questo tipo. Se l’esame dovesse dimostrarsi applicabile, le sue informazioni potrebbero essere unite a quelle ricavabili dall’utilizzo di nuovi biomarcatori predittivi del rischio coronarico».

Ricercatori di Humanitas guidati dal professor Gianluigi Condorelli, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas, stanno valutando l’efficacia di alcune molecole per individuare pazienti con maggiori probabilità di essere colpiti da un evento coronarico avverso, infarto ma anche ictus cerebrale: «Sono principalmente microRNA circolanti nel sangue, elementi cellulari di recente scoperta e associati all’insorgenza delle malattie cardiovascolari», conclude lo specialista.

(Per approfondire leggi qui: Marcatori del rischio di ictus e infarto, le novità dalla ricerca)

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