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Tecnologia

Sigarette elettroniche, fanno davvero bene?

06/04/2013

L’ esplosione di negozi e centri “specializzati” che vendono vari tipi di strumenti elettronici che rilasciano nicotina, promossi molto spesso attraverso accattivanti slogan, ha sollevato una polemica nella quale si è inserita la voce di Renato Balduzzi, Ministro della salute. Come stanno le cose, in realtà?

In teoria, la sigaretta elettronica permette di assumere nicotina evitando la combustione delle sostanze dannose contenute nel tabacco. Ne esistono in commercio tipologie molto differenti tra loro, quasi tutte pubblicizzate come ausilio per smettere di fumare. La crescente commercializzazione di questo genere di articoli nel nostro Paese, negli ultimi mesi in particolare, ha fatto sorgere parecchie domande. Si tratta di prodotti studiati e regolamentati a sufficienza? Sono davvero un efficace ausilio per smettere di fumare?

Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, a Dublino per il summit dei ministri della Salute dei Paesi dell’Unione Europea, è intervenuto rilasciando dichiarazioni inequivocabili: «La loro diffusione è contraria agli sforzi di disincentivare la moda dell’uso di sigarette» aggiungendo inoltre che «il contrasto al tabagismo è un principio non negoziabile di ogni vera politica della salute e di ogni politica sanitaria».

Ma quali sono i reali pericoli di questa nuova moda? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Licia Siracusano, medico referente del centro antifumo di Humanitas Cancer Center.

Dottoressa Siracusano, quali sono i problemi connessi alla diffusione della sigaretta elettronica?

«Ci sono molti tipi differenti di sigarette elettroniche. Il concetto di fondo è il medesimo: dovrebbero permettere di evitare alcuni dei pericoli derivanti dalla combustione del tabacco. Tuttavia, è molto importante specificare che in questo caso la nicotina (o la sostanza che la sostituisce, solitamente la lobelia) viene vaporizzata attraverso il contatto con sostanze oleose, i cui effetti a lungo termine sulla salute non sono ancora stati sufficientemente studiati. Inoltre, cosa ancor più grave, si viene ugualmente a contatto con la nicotina che, oltre a essere una sostanza tossica, se inalata in determinate dosi – è sufficiente assumerne fra i 30 e i 60 mg per andare incontro a una vera e propria intossicazione – è l’elemento responsabile dell’assuefazione e della dipendenza dei tabagisti. In questo senso, la sigaretta elettronica non è diversa da quelle comuni, con l’ulteriore aggravante che è più difficile controllare la quantità di nicotina che viene inalata. Quindi, potrebbe rappresentare una pericolosa attrattiva per i giovani, facendoli cadere nel vortice della dipendenza, ed essere un mezzo di ricaduta anche per coloro i quali hanno già smesso di fumare».

Crede che possa davvero essere d’aiuto alle persone che vogliono smettere di fumare?

«Recentemente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato una normativa in merito ai rischi connessi all’uso delle sigarette elettroniche che, fra l’altro, afferma che gli studi attualmente disponibili sull’efficacia di queste, come prodotti per la disassuefazione dal tabacco, non possono essere ritenuti conclusivi e raccomanda, ai fini dell’utilizzo in luoghi pubblici, l’adozione delle medesime limitazioni previste per ridurre il fumo convenzionale di seconda mano. L’indicazione è stata ribadita dallo stesso ministro Balduzzi nelle sue dichiarazioni alla conferenza di Dublino. Il mio parere è che per smettere di fumare sia necessario un approccio analogo a quello che si adotta per le altre dipendenze. Se mai la sigaretta elettronica potrà diventare un ausilio per smettere di fumare, questo succederà quando le regole su produzione e distribuzione saranno costruite sulla base di studi approfonditi in merito all’efficacia di questi dispositivi e ai danni che essi possono provocare a medio e lungo termine. In conclusione, la disassuefazione (da qualsiasi tipo di sostanza) richiede un approccio responsabile e una motivazione seria, ed è più facile ottenere risultati attraverso i centri specializzati nel risolvere questi problemi, che aiutano ad affrontare e risolvere la dipendenza con metodi scientifici già ampiamente sperimentati».

A cura di Matteo Nicolosi

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