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Il tumore del rene si batte con cure mininvasive

31/08/2010

Rappresenta circa il 2 per cento di tutti i tumori, e la probabilità di svilupparlo cresce con l’aumentare dell’età. Oggi, i progressi della chirurgia permettono interventi sempre meno invasivi.

Decorso post-operatorio ridotto, minor dolore e cicatrici praticamente invisibili. Il tutto a parità di efficacia con la chirurgia tradizionale. E’ la chirurgia mininvasiva per asportare il tumore del rene. Si esegue con una incisione di tre-quattro piccoli fori operando, poi, a distanza con una videotelecamera e senza l’apertura dell’addome. Con i notevoli vantaggi per il paziente già elencati. A patto, però, di mettersi in mani esperte. La tecnica, infatti, è più complessa rispetto alla tradizionale. Ci si deve, quindi, affidare a centri che la eseguono costantemente vantando, quindi, una notevole esperienza in questo campo. Come l’Unità di Urologia di Humanitas, dove la chirurgia mininvasiva renale è utilizzata con successo da anni al punto da essere diventata una tecnica routinaria.

Humanitas ha scelto la mininvasività per il tumore al rene?
La chirurgia rappresenta, allo stato dell’arte, l’unica terapia del tumore renale localizzato e riveste un ruolo fondamentale anche nelle forme metastatiche. In caso di tumore metastatico l’asportazione del rene viene associata a terapie antiblastiche. Ebbene, Humanitas è attualmente in grado di fornire ai propri pazienti affetti da neoplasia renale ogni tipo di trattamento chirurgico definito come ‘standard’ dalle società scientifiche. A partire dalla tecnica mininvasiva, che offre notevoli vantaggi per il paziente.

La mininvasività è utilizzabile in ogni caso?
Il tumore del rene si presenta alla diagnosi in stadi clinici diversi e questo condiziona la scelta del trattamento chirurgico, che può essere di tipo demolitivo (nefrectomia radicale) o conservativo (enucleoresezione renale). La nefrectomia radicale può essere eseguita a cielo aperto o in videolaparoscopia. Entrambi gli interventi garantiscono uguali risultati oncologici, ma va preferita la videolaparoscopia per i grandi vantaggi che offre al paziente rispetto alla chirurgia tradizionale. L’intervento tradizionale prevede, infatti, incisioni ampie, necessarie dato che si tratta di un organo retro-peritoneale, situato profondamente nella cavità addominale. La videolaparoscopia, effettuata in anestesia generale, consiste, invece, nell’asportazione del rene accedendo alla cavità addominale mediante piccoli fori attraverso i quali il rene viene poi asportato. Il chirurgo opera guardando su un monitor grazie ad una microtelecamera inserita nell’addome, che gli permette una visione molto più particolareggiata del campo operatorio.
Per questa ragione la nefrectomia videolaparoscopica è stata definita lo standard di trattamento del tumore renale dalle società scientifiche internazionali. Tuttavia, la diffusione di questa procedura è assai limitata sul territorio nazionale. In Humanitas la pratica della nefrectomia videolaparoscopica avviene di routine e riguarda oltre 250 casi operati. L’enucleoresezione, invece, comporta l’asportazione del tumore, risparmiando il rene. Può essere eseguita solo in determinate condizioni come, per esempio, lesioni tumorali con diametro inferiore ai quattro centimetri, poste nella porzione periferica del rene. Solo in questo caso, infatti, si garantisce un trattamento oncologico adeguato risparmiando unità nefroniche. Si tratta di un intervento chirurgico tecnicamente più complesso della nefrectomia e anch’esso eseguibile in videolaparoscopia. Infine, esiste la nefrectomia radicale con asportazione di trombo cavale. Si tratta di una chirurgia a cielo aperto, per ora non eseguibile in videolaparoscopia, estremamente complessa. Viene effettuata qualora sia presente una trombosi neoplastica venosa cavale o cavo atriale (10% circa dei casi di neoplasia maligna).

Perché non tutti i centri sono in grado di eseguirla?
La tecnica è più complessa e solo chi la effettua routinariamente dopo aver seguito un training specifico acquisisce la necessaria competenza. Non tutti i centri possono offrire questa esperienza. Anche perché l’intervento richiede investimenti in attrezzature e strumenti più costosi di quello tradizionale.

In Humanitas, infatti, si esegue anche con il famoso robot Da Vinci.
La chirurgia robotica è la nuova frontiera della chirurgia mininvasiva. E il robot Da Vinci, in particolare, è in grado di conferire al gesto chirurgico una precisione non confrontabile con altre tecniche. Basti pensare che si possono superare i limiti legati alla difficoltà di trattare, con la laparoscopia, patologie in sedi anatomiche difficili da raggiungere con una incredibile versatilità di movimenti. Il robot Da Vinci presente in Humanitas è di ultima generazione, con visione ad alta definizione tridimensionale e quattro bracci meccanici. Si tratta di un sistema integrato costituito da due parti: una consolle e il carrello chirurgico. Dalla consolle il chirurgo manovra gli strumenti robotici mentre il carrello trasmette i movimenti del chirurgo ai bracci dove sono montati speciali strumenti operatori.

A cura di Lucrezia Zaccaria

 

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