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Cristina e il Morbo di Crohn: una battaglia da vincere

11/06/2013

Che Cristina sia giovane lo si capisce già dalla sua voce: sottile, chiara, garbata. In effetti, Cristina ha 21 anni e la sua storia inizia quando non è ancora maggiorenne. Mal di pancia, scariche, vomito: i sintomi di un comune virus intestinale; ma passano due settimane e Cristina è ancora in preda agli stessi dolori, nulla va migliorando. Anzi, una notte, in preda a forti coliche, Cristina viene ricoverata nel reparto di Pediatria della sua città del Sud Italia e quello che sembrava un virus intestinale si rivela essere il Morbo di Crohn, una malattia infiammatoria cronica dell’intestino.

Cristina inizia ad assumere i primi farmaci, poi passa anche a quelli biologici, più pesanti. In un primo tempo il suo organismo risponde positivamente, poi l’équipe medica ritiene la sua condizione necessiti di un intervento chirurgico: il suo intestino è troppo infiammato. Per potersi sottoporre all’operazione però occorre procedere alla sospensione dei farmaci per due-tre mesi, periodo in cui «la mia condizione ha subito un peggioramento», racconta Cristina.

 

Un lungo viaggio verso Rozzano

«Dopo avermi spiegato che l’intervento doveva essere effettuato solo presso Centri chirurgici specializzati in queste patologie e il mio caso non era dei più semplici – prosegue Cristina – il mio gastroenterologo di fiducia mi ha messo in contatto con il dottor Antonino Spinelli, di Humanitas. Nonostante ciò comportasse un lungo viaggio, mi sono subito documentata e sono partita. Appena visitatami, il dottor Spinelli ha disposto un ricovero urgente per completare gli accertamenti (colonscopia e risonanza magnetica) necessari per l’intervento chirurgico. Al risveglio, con mia grande sorpresa ho visto un solo un cerottino sull’ombelico, senza tagli o tubicini che fuoriuscivano dall’addome. Il dottor Spinelli mi ha spiegato che per alcuni casi, come il mio, si può eseguire l’intervento in laparoscopia attraverso un solo mini-accesso nell’ombelico. È stato veloce, non me l’aspettavo, credevo sarebbe stato tutto molto più complicato», racconta la ragazza.Cristina precisa che l’intervento non risolve la malattia, ma può aiutare a far sì che i farmaci facciano effetto. Prima questo non poteva avvenire, il suo intestino era troppo infiammato, ma ora «Speriamo!».

Già speriamo, perché Cristina è giovane e immagino siano stati anni duri per lei, immagino la vita di un’adolescente stravolta da una diagnosi di una malattia infiammatoria intestinale.

 

La parte più difficile da sopportare

Qual è stata a parte più difficile da sopportare? Cristina ci pensa, non azzarda risposte, non dà l’impressione di essere una ragazza che aspetta il momento buono per piangersi addosso. «Mi sono iscritta a diversi forum sulla malattia, mi sono confrontata con altre persone, altri ragazzi come me, e ho letto che alcuni dovevano portare una sacca per due-tre mesi dopo l’intervento. Questa cosa mi ha molto spaventata. Il dottor Spinelli però mi ha spiegato che non avrebbe fatto questa scelta se non strettamente necessaria e che avrebbe valutato in base alla mia situazione e all’andamento dell’operazione. Mi sono aggrappata a questa speranza e quando mi sono svegliata, dopo l’intervento, ho controllato se avevo la sacca e non c’era! Ho tirato un bel sospiro di sollievo!».

Credo che la comunicazione tra medico e paziente sia fondamentale, è importante che chi ti segue sia chiaro, concreto, sappia rispondere alle domande e ai dubbi che naturalmente sorgono, mi spiega Cristina.

 

L’intervento, una vera e propria svolta

E ora come stai? «L’intervento è stato una vera e propria svolta, sto meglio, ora resta da vedere come andrà con i farmaci. In ogni caso però, la qualità della mia vita è già migliorata». Come impatta la malattia sulla tua vita? Cristina sospira, cerca le parole e prova a spiegarmi che il disturbo fisico (necessità di evacuare, mal di pancia, stanchezza) condiziona profondamente anche la dimensione psicologica: «A volte ti chiedi cosa esci a fare se poi stai male e devi tornare a casa, magari rovinando anche la serata agli amici e così spesso preferisci non uscire».

 

Provo a pensare alle giornate di una ventenne, alla voglia di uscire, di stare con gli amici, di divertirsi, di fare, tipica di quegli anni. Mi perdo quasi nei miei pensieri, ma la voce di Cristina mi riporta alla realtà: «Ho dovuto lasciare l’università, facevo fatica a studiare, a seguire i corsi, a preparare gli esami con i colleghi». Hai abbandonato del tutto gli studi o un giorno vorresti riprendere? «Ora mi piacerebbe tanto concludere l’università», mi rivela Cristina, con il tono di chi spera che questo possa accadere. Presto.

 

A cura di Valeria Leone

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