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Gomito del tennista, quando ricorrere all’intervento?

05/04/2017

Anche se non siamo tennisti il nostro gomito potrà comunque provocarci dolore. L’epicondilite, il cosiddetto gomito del tennista, non è infatti una prerogativa esclusiva di questi atleti ma di tutti coloro che sottopongono questa articolazione a una continua sollecitazione. Questa condizione patologica si caratterizza per la degenerazione del tendine nel punto in cui si inserisce nell’osso, sull’epicondilo omerale. Il tendine interessato appartiene al muscolo estensore radiale breve del carpo.

Per il trattamento del gomito del tennista le opzioni terapeutiche sono diverse, dalla terapia con onde d’urto associata a fisioterapia all’applicazione di antinfiammatori alle infiltrazioni fino ad arrivare all’intervento chirurgico. Il ricorso all’intervento è però residuale, come spiega il dottor Mario Borroni, ortopedico della spalla e del gomito dell’ospedale Humanitas: «Non c’è una forte evidenza che l’intervento chirurgico sia risolutivo. Normalmente la terapia dell’epicondilite consiste in un trattamento conservativo; se questo non è benefico si può pensare all’intervento chirurgico, anche se non è certo che questo possa essere risolutivo».

Sul dolore stesso effetto da intervento e placebo

Infatti, secondo una recente ricerca presentata all’American Orthopaedic Society for Sports Medicine’s Specialty Day di San Diego, l’intervento chirurgico rappresenta una procedura dalla quale non sempre potrebbero derivare ulteriori benefici per i pazienti. I ricercatori, provenienti anche dall’Orthopaedic Research Institute di Sydney (Australia), hanno coinvolto 26 pazienti divisi in due gruppi da 13: nel primo i soggetti sono stati sottoposti a intervento chirurgico per rimuovere una porzione degenerata del muscolo estensore radiale breve del carpo mentre gli altri 13 pazienti sono stati sottoposti a una procedura placebo, con una semplice incisione cutanea. Tutti i pazienti soffrivano di epicondilite da almeno 6 mesi; in questo periodo avevo provato altre opzioni terapeutiche (terapie fisiche, massaggi, agopuntura, tutori) senza ottenere alcun beneficio.

(Per approfondire leggi qui: “Gomito del tennista, può dipendere dalla racchetta”, vero o falso?)

Il primo parametro per confrontare i due tipi di intervento è stata la frequenza del dolore durante le attività. Ebbene, dopo 26 settimane, entrambi i gruppi hanno provato meno dolore e in meno occasioni. Tutti gli individui hanno partecipato allo stesso programma di recupero post-operatorio per due settimane con applicazioni di ghiaccio, stretching e riabilitazione. I risultati sono stati confermati o addirittura migliorati a un follow up da 1 a 4 anni: ancora una volta non sono state rilevate sostanziali differenze tra i due gruppi di pazienti sulla sensazione di dolore durante le attività, a riposo e nel sonno.

Il gomito del tennista è spesso una condizione cronica

«La richiesta più frequente dei pazienti è quella di “togliere il dolore”. Controllarlo, però, non è semplice perché il dolore da gomito del tennista è sui generis, dovuto sia all’infiammazione che alla scarsa vascolarizzazione dei tessuti. Si innesca una sorta di circolo vizioso: il tendine è meno vascolarizzato ed elastico, quindi meno allungabile. Così condiziona il movimento e aumenta il dolore. Per questo motivo serve un intervento non temporaneo; ad esempio l’assunzione di cortisone è poco utile perché elimina il dolore ma solo nel breve periodo. È utile invece la terapia con onde d’urto che serve a cercare di rivascolarizzare il tendine, oltre al cambiamento delle abitudini di vita, mettere a riposo il tendine e non sforzarlo eccessivamente», conclude il dottor Borroni.

(Per approfondire leggi qui: Tennis, scarpe giuste sul sintetico contro il rischio di “storte”)

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