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Ortopedia

Caviglia, quale intervento in caso di lesione della sindesmosi tibio-peroneale?

12/02/2018

La caviglia è una delle articolazioni più esposte al rischio di distorsione e lo sono tutte le strutture che la compongono, compresa la sindesmosi tibio-peroneale. Questa è la membrana che solidarizza la tibia e il perone, le due ossa della gamba che vanno dal ginocchio alla caviglia: «La lesione della sindesmosi – ricorda il dottor Lorenzo Di Mento, traumatologo di Humanitas – si associa spesso a una frattura, sia malleolare sia del perone prossimale».

Un tessuto resistente ed elastico

La sindesmosi è un particolare tipo di articolazione che collega tibia e perone e contribuisce a mantenere la stabilità della caviglia. È formata da una membrana interossea ricca di fibre elastiche che assicurano la mobilità articolare. La sindesmosi assolve alla sua funzione anche grazie al sostegno di una rete di legamenti.

Uno dei traumi più frequenti della caviglia è la distorsione che può avere come esito più frequente la lesione dei legamenti della caviglia e in una percentuale minore quella della sindesmosi tibio-peroneale.

Nella stragrande maggioranza dei casi la distorsione avviene in inversione, con il piede che ruota verso l’esterno: «La distorsione da cui può derivare la lesione della sindesmosi può verificarsi anche nello svolgimento delle attività quotidiane ma più spesso accade nella pratica sportiva. I più a rischio sono i soggetti che si dedicano a discipline come la pallavolo, il calcio, il rugby o il basket, ad esempio, sia a livello ricreativo che agonistico», ricorda il dottor Di Mento.

La diagnosi

A seguito di una distorsione della caviglia il medico potrà anche ricorrere ad alcuni test in ambulatorio per diagnosticare la lesione della sindesmosi. Con il test di stress in rotazione esterna si valuta la presenza di dolore nella caviglia ruotando il piede verso l’esterno. Con il test di compressione, invece, con il paziente seduto sul lettino e con le ginocchia flesse a 90 gradi, si comprime delicatamente la gamba a metà polpaccio: se il paziente avverte dolore a livello articolare si sospetta una distorsione che ha coinvolto la parte alta della caviglia, con lesione della sindesmosi tibio-peroneale.

«A volte la lesione della sindesmosi può essere misconosciuta, soprattutto quando non è associata a frattura malleolare. Questo perché dal punto di vista osseo potrebbe essere fratturata la parte più alta del perone, la cui diagnosi potrebbe sfuggire ad un esame clinico e strumentale volto a valutare la sola caviglia», aggiunge lo specialista.

In sala operatoria

Le informazioni circa la lesione e l’opportunità di eseguire un intervento chirurgico saranno fornite da esami di primo livello (radiografie standard di caviglia e gamba), eventualmente completate da esami di secondo livello (RMN o TAC caviglia senza mezzo di contrasto): «Una lesione rilevante della sindesmosi dev’essere sempre sottoposta a intervento chirurgico: la membrana interossea mantiene infatti ben chiusa la pinza malleolare cosicché l’astragalo resti ben centrato durante il movimento di flesso-estensione della caviglia. Laddove ciò non avvenga il paziente lamenterà sintomatologia dolorosa al carico e al movimento, con uno scadimento delle sue capacità funzionali».

L’intervento chirurgico ha lo scopo di stabilizzare la membrana interossea: «A seconda del tipo di lesione si possono posizionare una o due viti transindesmosiche che chiudono la pinza malleolare, risolvendo ciò che il trauma aveva causato. Le viti vengono generalmente rimosse dopo sei/otto settimane dall’intervento, in quanto possono causare una limitazione della dorsiflessione della caviglia».

«Il recupero funzionale, conseguente a una lesione della sindesmosi correttamente diagnosticata ed operata, è completo. La tempistica dipende essenzialmente se vi sono fratture associate, che richiedono un tempo di guarigione di circa tre mesi», conclude il dottor Di Mento.

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