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Degenerazione maculare, quando lavorare e leggere da vicino diventa difficile

09/02/2018

L’età avanza e la vista, in varia misura, può risentirne. Quando è retina a subire questo processo di invecchiamento si parla di degenerazione maculare senile, per l’appunto, ovvero correlata all’età. Quali sono i suoi possibili campanelli d’allarme e qual è il ruolo della prevenzione? L’abbiamo chiesto alla dottoressa Mary Romano, oculista di Humanitas.

Cos’è la degenerazione maculare senile

Le maculopatie sono le patologie oculari a carico della macula, la parte centrale della retina, la membrana che riveste la superficie interna dell’occhio. La più comune tra le maculopatie è la degenerazione maculare senile che comporta una progressiva riduzione, fino alla possibile perdita, della visione centrale. In altre parole l’occhio non riesce più a mettere a fuoco al centro del campo visivo mentre sarà in grado di percepire i dettagli posizionati ai margini del campo visivo, in periferia.

Possono essere colpiti entrambi gli occhi o solo uno. Leggere, ad esempio, potrebbe rivelarsi molto faticoso, così come guidare o guardare la Tv. Pertanto la patologia ha un impatto significativo sulla qualità di vita del paziente.

La forma più comune di questa patologia è la cosiddetta forma “secca”. La macula si assottiglia e si formano dei cumuli di proteine chiamate drusen: «La degenerazione maculare senile è una malattia che non presenta sintomi nella forma iniziale. Quando inizia, intorno ai 55-60 anni, compaiono le drusen che sono il camapanello d’allarme della malattia; l’oftalmologo le riconosce e diagnostica la malattia grazie all’esame del fondo dell’occhio», aggiunge la dottoressa Romano.

Oltre a questa c’è poi la forma “umida” (essudativa), meno comune ma più severa e a insorgenza più rapida, caratterizzata invece dalla formazione di nuovi, anomali, vasi sanguigni sotto la retina: «I sintomi – prosegue la specialista – compaiono invece bruscamente quando la malattia evolve verso la forma neovascolare. La crescita di neovasi nella parte centrale della retina genera un improvviso e brusco calo visivo accompagnato dalla distorsione delle immagini, difficoltà nella lettura e nell’eseguire lavori da vicino. Dal momento che questi neovasi sollevano la retina determinano tutta questa sintomatologia».

Questi vasi potranno anche perdere dei liquidi, anche sangue. Il trattamento farmacologico sarà in grado di ridurre il numero di queste neoformazioni. Un intervento terapeutico che invece può rivelarsi utile in caso di degenerazione maculare “secca” è l’assunzione di integratori vitaminici o minerali (dalla vitamina C alla luteina allo zinco).

Prevenzione e trattamento

La degenerazione maculare senile è una delle patologie della vista che ha una certa correlazione con lo stile di vita. Le probabilità di andare incontro a questa malattia, dopo i 55 anni, aumentano se si è sovrappeso od obesi e anche la familiarità è un fattore di rischio: «Sicuramente l’attività fisica, una dieta ricca di frutta e verdura e non fumare aiutano a prevenire e rallentare l’evoluzione della malattia. È buona norma, dopo i 50 anni, effettuare visite di controllo periodiche soprattutto se in famiglia c’è qualcuno che è stato colpito dalla degenerazione maculare senile», sottolinea l’esperta.

«Nelle fasi iniziali del trattamento si preferisce dare al paziente degli integratori a base di luteina, zeaxantina, omega 3 utili a mantenere un buon trofismo della retina. Nella fase umida, invece, la terapia di elezione consiste nell’utilizzo di farmaci anti-angiogenici (anti-VEGF) iniettati direttamente nel corpo vitreo».

«Talvolta, in associazione a questi, si può utilizzare la terapia fotodinamica (Photo dynamic therapy-Pdt) con lo scopo di potenziare l’effetto degli anti-VEGF. Il trattamento prevede l’iniezione per via endovenosa al paziente di verteporfina, una sostanza fotosensibile che si lega ai capillari anomali responsabili della malattia. Successivamente, grazie a un laser di specifica lunghezza d’onda, vengono evidenziati i vasi anomali: il laser attiva il farmaco provocando la chiusura o la riduzione dei vasi anomali. Dopo alcuni giorni da questo trattamento si effettua l’iniezione intravitreale. La terapia Pdt, in alcuni casi, può essere utilizzata anche da sola», ricorda la dottoressa Romano.

«Un altro strumento per il trattamento è il «laser 2RT che agisce mediante una fotostimolazione che stimola una rigenerazione retinica. È utile soprattutto nelle fasi iniziali e intermedie della malattia cioè quando sono evidenti drusen di medie e grosse dimensioni e il paziente risulta ad alto rischio di progressione. È un laser di nuovissima generazione che tende a stabilizzare il quadro clinico».

«Tutte queste procedure descritte sopra possono fermare o rallentare la perdita della visione, ma purtroppo non rappresentano una terapia definitiva e molti pazienti continuano a subire nel tempo una consistente perdita della visione», conclude la specialista.

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