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Ginecologia

Che cos’è e come si cura la vulvodinia

25/01/2022

La vulvodinia rientra tra i disturbi del dolore sessuale. Si tratta infatti di una sensazione dolorosa non correlata a una causa specifica (ovvero allodinia), caratterizzata da sensazioni più intense del dovuto (ovvero iperestesia).

La vulvodinia coinvolge in particolare la mucosa vulvare e la sua diagnosi è complessa, poiché i dolori vulvari possono essere legati a diverse patologie.

Ne parliamo con la dottoressa Valentina Immediata, ginecologa in Humanitas. 

 

Cos’è la vulvodinia?

Nella maggioranza dei casi il dolore legato alla vulvodinia compare durante l’atto sessuale, ma si può manifestare anche in maniera spontanea, magari associato a qualche movimento, quando la paziente si siede o cammina. La sintomatologia dolorosa non è necessariamente solo provocata o solo spontanea: può infatti manifestarsi in entrambi i modi nella stessa paziente.

Sulla fisiopatologia della vulvodinia, purtroppo, al momento non si hanno certezze, ma l’ipotesi più accreditata è che questo disturbo sia correlato a un’eccessiva risposta dei mastociti a uno stimolo infiammatorio

Questa risposta abnorme provoca una maggiore attività e proliferazione delle fibre nervose che trasmettono l’impulso del dolore con estensione alla parte più superficiale della cute, causando una sensazione dolorosa più forte del dovuto. La sintomatologia resta anche quando lo stimolo si è risolto, rendendo necessario un trattamento medico.

 

La diagnosi di vulvodinia

La diagnosi per la vulvodinia è di tipo differenziale.

I dolori vulvari possono infatti associarsi a diverse patologie, come ad esempio infezioni o problemi neurologici. In sede di diagnosi, quindi, lo specialista deve prima di tutto escludere altri disturbi

In particolare è importante distinguere la vulvodinia dal vaginismo, una condizione strettamente legata al coito e che provoca un’eccessiva contrazione della muscolatura del pavimento pelvico, specialmente dei muscoli vaginali. Questo disturbo può essere confuso con la vulvodinia sia per via del dolore correlato al rapporto sessuale, sia perché a una situazione di vulvodinia può subentrare anche il vaginismo reattivo e le due patologie si possono sovrapporre.

In fase diagnostica la paziente deve descrivere il tipo di dolore percepito, se è generalizzato o localizzato in un punto specifico, magari a livello clitorideo, per esempio, a livello vestibolare, o su tutta la vulva, e se si tratta di un dolore spontaneo o provocato, e ancora se si manifesta solo durante il rapporto sessuale o anche in altre situazioni. 

Dopo aver ascoltato quanto riferito dalla paziente, lo specialista effettuerà il Q-tip test, un esame nel quale si usa un apposito cotton-fioc, per toccare alcuni punti specifici della vulva. Se la paziente manifesta dolore al tocco, molto probabilmente è interessata da vulvodinia; se la paziente non avverte dolore, invece, potrebbe trattarsi di una patologia diversa.

 

Come curare la vulvodinia

La vulvodinia è una patologia che compromette sensibilmente la qualità della vita della paziente, in particolare per quanto riguarda la sfera di coppia e sessuale, e non si risolve naturalmente.

Il trattamento della vulvodinia prevede la presa in carico della paziente da parte di un team multidisciplinare di specialisti, tra cui un ginecologo specializzato in disturbi del dolore sessuale e uno psicoterapeuta che possa aiutare la paziente ad affrontare il vissuto psicologico legato a questa condizione. 

Le terapie farmacologiche per la vulvodinia includono l’utilizzo di anestetici locali, di antidepressivi triciclici, come la amitriptilina, da usare a livello locale e che permettono una specifica azione di modulazione della sensazione dolorosa. Se lo riterrà necessario, lo specialista potrà indicare anche delle infiltrazioni di anestetici o antinfiammatori e altri trattamenti specifici per l’educazione del pavimento pelvico.

Per concludere, il trattamento per la vulvodinia deve essere multidisciplinare e personalizzato in base ai disturbi manifestati dalla paziente e alla sua specifica condizione clinica.

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