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Ginocchio, cosa fare in caso di instabilità legamentosa cronica?

05/01/2018

Altamente mobile ma resistente, il ginocchio è un’articolazione che però può andare incontro a instabilità. Ciò avviene quando le sue strutture interne, quelle che lo mantengono tale, si rompono. Sono i legamenti e si parla, per l’appunto, di instabilità legamentosa cronica: «È definita in questo modo perché permane a distanza di tempo dal trauma che ha causato la rottura dei legamenti. Possono persino passare diversi anni nei quali il paziente convive con l’instabilità legamentosa del ginocchio», ricorda il dottor Andrea Bruno, ortopedico e traumatologo di Humanitas.

Traumi e legamenti

Un complesso di tessuti che compone l’articolazione sovrintende alla sua stabilità. Oltre ai muscoli e ai tendini giocano un ruolo centrale i legamenti. Traumi più o meno violenti possono danneggiarli fino a romperli: «Traumi ad alto impatto, ad esempio a seguito di un incidente stradale o di una caduta durante l’attività fisica, possono scaricare sull’articolazione e sui legamenti un quantitativo rilevante di energia cinetica che va a lesionarli. Pensiamo ad esempio a sport come lo sci alpino e il rugby: la rottura dei legamenti – ricorda il dottor Bruno – è uno degli infortuni più frequenti per chi pratica queste discipline».

Ecco perché i giovani sportivi sono i soggetti più esposti al rischio di rottura dei legamenti: «L’età in cui si possono subire infortuni del genere, ed eventualmente convivere con l’instabilità legamentosa del ginocchio, è variabile. Tuttavia sono più probabili nei giovani adulti».

Le lesioni possono colpire qualsiasi legamento del ginocchio: «Possono essere interessati i due crociati, anteriore e posteriore, ma anche il collaterale laterale e mediale interno, le strutture della capsula legamentosa fino ai menischi. I legamenti possono essere colpiti in varie combinazioni ma in assoluto è più grave quando la rottura ne interessa tre contemporaneamente. Se invece tutti i legamenti si rompono si è in presenza dello scenario più grave in assoluto con lussazione del ginocchio, un evento che viene trattato in fase acuta e che spesso si associa a traumi vascolo-nervosi», aggiunge lo specialista.

L’attività fisica non è vietata

Un individuo che ha subito un trauma ai legamenti ed è in attesa di essere sottoposto a intervento chirurgico o non può essere sottoposto a tale intervento, è interessato, a seconda della lesione, da instabilità legamentosa. Questa si caratterizza per una certa debolezza dell’articolazione.

In che modo si può ovviare a questa condizione? «In attesa dell’intervento chirurgico il paziente viene gestito con un tutore a tre punti per consentire la deambulazione ma anche la ripresa dell’attività fisica, non di tipo agonistico e ad intensità ridotta. Sono controindicate le discipline ad alto rischio traumatico che può essere controllato se si abbassa l’intensità dell’esercizio. Ad esempio lo sci potrebbe non essere controindicato se lo si pratica con cautela e moderazione sempre indossando un tutore specifico», spiega il dottor Bruno.

L’attività fisica è comunque importante per l’articolazione: «In caso di instabilità legamentosa si ha l’indicazione all’intervento chirurgico non in fase acuta bensì in fase post acuta o cronica. Si ricostruiscono i legamenti rotti uno a uno per il recupero della stabilità e della piena funzionalità. Nei casi più gravi, con artrosi o deviazioni assiali post instabilità si può procedere con l’osteotomia per riallineare il ginocchio e dare la stabilità. È importante mantenere un adeguato tono muscolare per affrontare la riabilitazione e il ritorno all’attività fisica a maggiore intensità dopo l’intervento. I muscoli non fanno altro che stabilizzare l’articolazione durante il movimento», conclude l’esperto.

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